The White Lotus: miti riattualizzati
Vi sarà capitato, nelle ultime settimane, di vedere contenuti su The White Lotus più o meno ovunque sul web. La serie antologica HBO, sceneggiata e diretta da Mike White, vede il nostro Bel Paese (e, in particolare, la terra sicula) a farle da sfondo per la sua seconda stagione.
Con un cast eccezionale, (fra gli altri, F. Murray Abraham, Jennifer Coolidge e Audrey Plaza), per il suo secondo giro di boa, The White Lotus ha ricevuto un plauso generale da pubblico e critica sbancando ai Golden Globes, dove si è aggiudicato il premio per Miglior miniserie e per Miglior attrice non protagonista in una serie (assegnato alla Coolidge, nota soprattutto per la sua interpretazione in opere dal carattere decisamente più ilare) e facendo affermare (anche) oltreoceano la romana Sabrina Impacciatore.
La premessa di The White Lotus è semplice:
A week in the life of vacationers as they relax and rejuvenate in paradise. With each passing day, a darker complexity emerges in these picture-perfect travelers, the hotel’s cheerful employees, and the idyllic locale itself.
The Futon Critic
La serie viene inizialmente pensata come un’unica stagione di una manciata di episodi, autoconclusiva. La scelta di renderla una serie antologica, volta a seguire le vicende di ricchissimi turisti privilegiati (con cui, onestamente, è difficile empatizzare – ma molto facile proiettare un giudizio) in vari resort della fittizia catena White Lotus – e altrettante mete paradisiache – si è affermata solamente in un secondo momento.
Le prime due stagioni, la prima ambientata a Maui e la seconda a Taormina, hanno come temi centrali, rispettivamente, classe e disuguaglianza e il sesso e infedeltà; per quanto riguarda la terza stagione, probabilmente avrà come sfondo una località asiatica e vedrà al centro le tematiche della religione e della spiritualità.
In queste righe ci concentreremo proprio sulla tematica al cuore della seconda stagione e a come White ha scelto di agganciarla al folklore siculo: parliamo di infedeltà e della leggenda dei mori.
La leggenda dei mori
Le Teste di Moro sono uno dei simboli principe della Sicilia. Raffiguranti, appunto, la testa di un uomo “moro” (dal latino Maurus, proveniente dalla Mauretania), vale a dire berbero. I barberi, oltre alla penisola iberica, furono presenti anche in territorio per più di 200 anni. La leggenda dei Mori ha luogo proprio in questo periodo, intorno al 1000 d.C nel quartiere palermitano della Kalsa.
Protagonista della storia è una giovane e bellissima donna, votata a una vita di quasi completa clausura a causa della possessività della famiglia, e con l’unico svago della cura delle sue preziose piante (plant parent ante litteram) sistemate sull’assolato balcone di casa.
Un giorno, proprio mentre era intenta a curare le sue piante, la giovane viene vista dalla strada da un soldato Moro. Folgorato, l’uomo si dichiara subito alla giovane, da cui viene ricambiato. I due iniziano una relazione segreta.
Da qui la leggenda prende due declinazioni diverse. La prima versione è mossa dal tradimento e dalla gelosia. Ben presto, infatti, la ragazza scopre che il soldato le ha tenuto nascosto di avere già moglie e figli in patria natia dai quali farà inesorabilmente ritorno, lasciandola. Accecata dalla gelosia e resa folle dalla rabbia per il tradimento subito, la donna prende due decisioni: la prima è quella di uccidere l’uomo mentre è abbandonato in un profondo sonno, la seconda è quella di tenerlo per sempre con lei. Il desiderio di possesso, infatti, la spinge a decapitare la testa dell’amato di netto, svuotarla e usarla a mo’ di vaso.
La pianta prescelta per prosperare all’interno del cranio del soldato è il basilico che, forse non a caso, ha alle spalle una mitologia duplica. A lungo ritenuto collegato alla morte, il basilico è stato sia simbolo di buon auspicio per un felice e sereno trapasso verso l’aldilà (veniva, infatti, usato nelle imbalsamazioni), che di odio e follia, fino a divenire, in alcuni anfratti storici e culturali, simbolo demoniaco.
La testa decapitata del Moro viene posizionata in balcone dalla giovane, ormai impazzita eppure inconsolabile per il tradimento subito. La pianta di basilico, alimentata dal costante versamento di lacrime disperate, cresce forte e rigogliosa: in poche parole, invidiabile. I vicini di casa, infatti, colpiti dallo splendore della pianta aromatica, attribuiscono il merito di quella crescita miracolosa alla strana forma del vaso e iniziano a commissionarne agli artigiani locali: si diffondono, così, i vasi a forma di Teste di Moro, simbolo imperituro dell’amore tradito.
Una seconda versione vede entrambi gli innamorati decapitati per volere della famiglia di lei, fortemente contraria alla relazione fra i due. Le teste sarebbero poi state esposte insieme, pubblicamente, come monito contro i rapporti di natura simile (di fatti, nell’immaginario collettivo, le Teste di Moro sono tipicamente accoppiate: una di uomo e una di donna).
[Disclaimer: da qui in poi sono presenti importanti spoiler sulla seconda stagione di White Lotus]
La riattualizzazione del mito
Nella seconda stagione di The White Lotus, come già detto, il tema del tradimento è centrale e lo stesso vale per le Teste di Moro e la mitologia che vi è dietro. Ogni ospite che seguiamo, infatti, ha una storia legata al tradimento. Dominic, in vacanza col padre (Bert) e il figlio (Albie) ha tradito la moglie in più occasioni (esattamente come faceva suo padre al tempo del quand’era sposato) e adesso ne paga le conseguenze.
Il tradimento, in questo caso, sembra essere una dinamica dalla quale è impossibile sfuggire: una maledizione generazionale che passa di padre in figlio e che sembra, però, interrompersi con Albie. Albie è diverso dal padre e dal nonno: il suo desiderio di scardinare gli schemi all’interno dei quali sembra essere inevitabilmente iscritto, finiscono per ritorcerglisi contro.
Dopo aver intessuto quella che sembra essere una relazione sincera con Lucia, una ragazza locale che si prostituisce per soldi, e averle dato una somma ingente per permetterle di cessare la sua “attività” e trovare una nuova vita con lui, il Albie viene abbandonato e tradito. La piaga del tradimento si scaglia anche su di lui, ma non come forza incontrollabile che lo spinge ad agire in modo bieco, quanto più come astuta manovra calcolata che lo rende vittima.
Daphne e Cameron, coppia apparentemente molto innamorata, vive un matrimonio in cui il tradimento è consapevole, reciproco ma tassativamente taciuto; Ethan e Harper, invece, sono una coppia in cui la passione ha smesso da tempo di esistere e lo spettro dell’infedeltà inizia ad aleggiare.
Alla fine della settimana, Harper ed Ethan diventano molto più simili ai (percepiti come superficiali e disprezzabili) Daphne e Cameron. È solamente quando il tradimento si fa largo nel loro rapporto che i due ritrovano l’interesse l’uno per l’altra. In questo caso, nel momento topico e risolutivo della parabola narrativa dei due, vediamo una Testa di Moro infrangersi a terra come a simboleggiare una rielaborazione del mito: in questo caso, il fatto di essere fedifraghi non porta a un tracollo dei rapporti ma, anzi gli da nuova vita.
Infine, vediamo la storia di Tanya (che torna dalla prima stagione), una donna estremamente ricca e altrettanto trasognata, sposata con Greg, un uomo anaffettivo e ipercritico. Tanya, si scopre con il proseguire della stagione, subirà il tradimento peggiore, il più elaborato e quello che maggiormente ferisce vedere.
Per impadronirsi dei soldi della moglie, infatti, Greg stringe un accordo con Quentin, inglese residente in Sicilia da ormai diversi anni. Quentin e il suo gruppo di amici seducono Tanya con il loro stile di vita vizioso e sofisticato. La donna si fa incantare dal gruppo ma arriva, infine, alla triste conclusione: sta per essere uccisa. Queste persone non l’apprezzano, suo marito non la ama: quello che più interessa di lei, sono i suoi soldi. Questa piega degli eventi, in realtà viene paventata già nel primo episodio quando, durante un rapporto, Tanya guarda il marito negli occhi ma senza trovarvi iridi o pupille: solamente una grossa sclera grigia, identica a quelle delle Testa di Moro.
BV