“And The Radio Plays”: musica e racconto per immagini
Musica e Cinema fanno coppia fissa dalla notte dei tempi. E questo è un fatto.
Chi non si è ritrovato, almeno una volta nella vita, a canticchiare un ritornello che aveva ascoltato in un film? La lista di nomi sarebbe infinitamente lunga.
Il susseguirsi delle immagini sullo schermo acquista infatti, mediante l’ausilio dell’accompagnamento sonoro, una dimensione piena e consapevole, capace di solidificare nella memoria del fruitore un concetto o, semplicemente, una sensazione.
Qual è, però, il reale valore della musica nel Cinema, in una serie o in qualsiasi altro prodotto su “pellicola”? La risposta potrebbe nascondersi tra una sessione di binge watching e la benedizione quotidiana a Vince Gilligan per aver donato Breaking bad all’umanità.
In questa splendida serie, infatti, la colonna sonora dovrebbe essere annoverata nell’elenco del cast nei titoli di coda. La musica può essere il personaggio in più, una sorta di demiurgo platonico che regola le sorti di quell’umanità creata dalla penna di un qualche scribacchino. Segna i tempi delle scene, si infila nelle emozioni e le rende così vere da farti venire voglia di bucare lo schermo con la mano e afferrare una manciata di tutto quel pathos.
Le note di un violino sanno diventare colori e luci di un paesaggio, fino a provocare la commozione di fronte ad un albero in autunno o all’alba ghiacciata sulla riva di un lago.
Le canzoni, invece, divorano il silenzio: si fanno voce narrante di quella scena che sta prendendo vita su un palcoscenico inesistente
But I still got me
To be your open door
And I’ve still got me
To be your sandy shore.Grey Room – Damien Rice -Doc House.
Un pianoforte sussurrato scandisce i battiti di un cuore colmo di dolore e una chitarra distorta e graffiata si fa onomatopea del rumore della paura vera.
Tra i tanti regali che il mondo delle serie tv ci ha fatto, c’è indubbiamente quello di averci dato la possibilità di conoscere musica che magari, per gusti personali o decade di nascita, non avremmo mai scoperto, o di veder saltar fuori dal cilindro magico della memoria un “classicone” che avevamo dimenticato di conoscere.
In un’ipotetica lista di ingredienti che rendono indimenticabile questo media, la musica sarebbe sicuramente quello chiave. È un elemento fondamentale ma purtroppo, e fin troppo spesso, viene considerata semplicemente un accessorio. Un ninnolo formato mp3.
Eppure esistono scene in cui il protagonista e la musica si fondono in un’unica immensa emozione, come nella scena d’apertura della sesta stagione di House, M.D. La canzone in sottofondo è No Surprises dei Radiohead.
In questa scena vediamo un Gregory House dilaniato dal dolore. Nessun sarcasmo può aiutarlo in questo momento: il caso clinico stavolta è lui. Lui che ha un dolore troppo enorme e troppo pesante da portare, lui che distrugge tutto per non dover sopportare di nuovo lo smarrimento dell’abbandono. E la musica? La musica è il pianto di Hugh Laurie, è il rumore del suo cuore che si spacca. La drammaticità della voce di Tom Yorke si fonde in una ninnananna quasi distopica fino a farci percepire la puzza di febbre e disperazione che si respira in quella stanza.
Altro giro, altra corsa. Adesso, invece, la musica non ha parole: il protagonista assoluto è il violino. Benedict Cumberbatch e la sua combriccola si avvicendano nel racconto per immagini, ma è il violino ad essere la prima donna. E si prende tutto lo spazio che merita.
L’archetto disegna in apertura le note di una storia lontana che ha i profumi e le paure dell’infanzia; ci sono tutti i sommessi e le verità taciute. Ma c’è il perdono reciproco per non aver agito o non aver comunicato quando era tempo, invece, di agire e comunicare.
Nel prosieguo la musica perde di drammaticità e si fa specchio delle immagini di rinascita dopo la distruzione del mobilio interiore ed esteriore: la vita che continua perché non potrebbe essere altrimenti e la ricchezza delle nuove consapevolezze.
Il finale trionfale è lì per ricordarci che, nonostante tutto, è di Sherlock Holmes e del Dottor Watson che stiamo parlando e, in casi come questo, una certa spavalderia è d’obbligo come nelle cene di gala.
Ora, sarebbe ridondante, superfluo elencare tutte le scene che potrebbero varcare i cancelli dorati dell’Olimpo in cui risiede la pura arte, quindi sarà solo la musica a parlare.
Il pezzo si chiama The Proposition #1 , è contenuta nella colonna sonora di Peaky Blinders ed è eseguita da Nick Cave e Warren Ellis.
Buon ascolto.
SL