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Leggende Pokémon: Arceus, tra innovazione e mediocrità

Se c’era qualcosa che la seconda generazione di videogiochi Pokémon insegnava egregiamente alla prima, era l’ambizione di creare qualcosa di migliore sotto ogni aspetto. Per raggiungere questo risultato venne data enorme importanza all’ambientazione, all’atmosfera e al mistero, e Leggende Pokémon: Arceus cerca di fare suo questo insegnamento.

Un’aura sacrale

Johto, la regione in cui sono ambientati Pokémon Oro, Argento e Cristallo (più relativi remake), è pesantemente ispirata al lato più tradizionale del Giappone, al fascino che la modernità e l’antichità possono creare amalgamandosi insieme. Cittadine nei boschi, con artigiani e leggende, si affiancano a metropoli con treni superveloci: una fedele riproduzione delle due anime che convivono nel paese del Sol Levante. La contestuale grande presenza di folklore, monaci, templi e luoghi di culto, contribuiva a creare un’atmosfera unica.

La Torre Bruciata in Pokémon Heart Gold/Soul Silver (2009)

Oltre a questo, esplorando le Route della mappa, si veniva catapultati in luoghi misteriosi ed enigmatici, che sapevano trasmettere un’aura di sacro e, forse, proibito. Le Rovine d’Alfa o la Torre Campana sono solo alcuni esempi di questi posti disseminati in tutta la regione, importanti per dare carattere all’ambientazione.

Antichità e Tecnologia

Questo stesso obbiettivo è presente anche nell’ultimo capitolo della longeva serie, Leggende Pokémon: Arceus. L’ambientazione, precedente a tutte le generazioni finora create dagli sviluppatori di GameFreak, è una sorta di rivisitazione del Periodo Edo. Qui si miscelano le antiche tradizioni, la colonizzazione di una nuova terra e i primi approcci alle innovazioni tecnologiche.

Eccoci quindi chiamati a rapporto da Arceus, il Pokémon-Dio creatore dell’universo, ad esplorare primitive rovine e svelare remoti misteri, nelle lande selvagge della inospitale Hisui. Qui le sfide per gli umani sono molteplici; e la prima è sopravvivere, ovviamente. Seguono la difesa e la crescita del piccolo Villaggio Giubilo, base dei colonizzatori, il conoscere la regione e svelarne i segreti e, solo infine, la comprensione e la coesistenza con i Pokémon, che qui vorrebbero rappresentare la Natura di Leopardiana memoria, nella sua doppia veste benigna e crudele.

I tre Pokémon starter in una illustrazione “antica”.

È infatti scopo principale del videogioco lo studio e la ricerca, come novelli naturalisti, delle specie che popolano Hisui. Tramite questo obbiettivo, Leggende Pokémon: Arceus imbastisce un sistema di meccaniche fortemente coerente con gli obiettivi della narrazione e dell’ambientazione. I Pokémon selvatici sono effettivamente pericolosi per il proprio avatar, il loro studio fa progredire l’avventura così come il Villaggio Giubilo e le persone che vi abitano; l’esplorazione conduce in antichi luoghi ignoti, mentre la trama ci accompagna verso le origini dello spazio-tempo.

Coerenza e rinnovamento

Il titolo si focalizza su questi aspetti, cercando di rinnovare il comparto ludico, stantio da dieci anni, e allo stesso tempo di ritrovare quel misto di antico e “moderno”, ambientando il videogioco in un periodo che fu (anche storicamente) di transizione. Cosa resa evidente dall’accostamento tra allevamento classico e cattura con la “nuova e tecnologica” Pokéball.

Leggende Pokémon: Arceus presenta un contesto coerente con tutte le sue parti, stravolgendo sì il gameplay, ma con una ritrovata voglia di riportare al centro quell’aura di mistero sacrale e antico, miscelata con il contrasto tra sviluppo urbano e scientifico, ecologismo e tradizionalismo. Hisui, insomma, vorrebbe essere la Johto del 2022.

Riposo tra i ghiacci.

Purtroppo, pad alla mano, appare lampante come tutte le belle intenzioni e ambizioni sopra descritte, cadano nell’oblio del pressapochismo. Più che la Johto del 2022, Hisui è un prototipo di videogioco Pokémon del 2008.

Ambizioni e mediocrità

Come già detto, la serie Pokémon è stantia da almeno dieci anni, vittima dell’eterno (ri)ciclo di uscita annuale che subisce. Le timide modifiche che vengono apportate sono spesso insufficienti, e questo ha fatto si che la serie sia arretrata sotto praticamente tutti gli aspetti. Graficamente e tecnicamente sempre più scarni e fuori da qualsivoglia standard minimo, meccanicamente immobili, con ambientazioni sempre più piatte e ripetitive.

Leggende Pokémon: Arceus è contemporaneamente sia la sublimazione massima di questi aspetti, che un netto tentativo di cambiamento di rotta. È come se GameFreak avesse avuto due anime durante lo sviluppo: una innovativa, volenterosa, che spinge verso il rinnovamento, l’altra pigra, statica, che spinge verso l’ennesimo titolo uguale a sé stesso che tanto venderà a priori. Ne risulta un videogioco ricco di ambizione, ma senza alcuno sforzo per raggiungere il livello che quell’ambizione richiede.

Spazio e Tempo.

E se rimangono incontestabili i pregi esposti all’inizio, sono altrettanto palesi le superficialità che li macchiano. Templi e antiche rovine sono spogli e presentati in maniera banale e frettolosa: il level design non riesce a dare loro l’enfasi necessaria, relegandoli a semplici mucchi di sassi. La fauna selvatica, teoricamente pericolosa, ma da temere e ammirare, viene ridicolizzata da modelli poligonali vetusti, animazioni grezze e una IA che non riesce a reggere l’intenzione di farti sentire all’interno di un habitat sensato. Le lande desolanti e vuote, piene di pupazzi che girano a caso, sono tristemente fuori tempo massimo.

Quattordici anni in ritardo

Il 2008 non è stato citato a caso. Oltre ad essere l’anno di uscita di Pokémon Diamante e Perla, l’ultima generazione della serie principale che avessero ancora qualcosa da dire nella formula classica (insieme ai remake della seconda generazione usciti l’anno dopo), è anche il periodo di uscita di un altro videogioco che con Leggende Pokémon: Arceus ha molto in comune.

Di Afrika (o Hakuna Matata) per PS3 abbiamo già parlato, ma è doveroso citarlo di nuovo per le sue inaspettate similitudini con l’ultimo titolo di GameFreak. Se in uno si studiano i Pokémon con vari metodi, nell’altro si fotografano animali in varie situazioni. In uno si esplorano ampie zone aperte in cerca della fauna da scoprire, nell’altro idem. In uno si finisce a scontrarsi con un essere leggendario, e sorprendentemente anche nell’altro. Perfino tecnicamente sono molto simili, ma le routine degli animali di Afrika sono decisamente più convincenti. Chiunque abbia provato entrambi non può non notare una grossa similitudine nell’impianto di gioco.

2022 vs 2008

Una grossa differenza però c’è: nel 2008 Afrika esordiva come un gioco a basso budget che osava qualcosa di particolare. Nel 2022 Leggende Pokémon: Arceus arriva come un gioco ad alto budget che prova svogliatamente a fare qualcosa di nuovo per la sua serie, affogando nella mediocrità. Non che Afrika sia perfetto – siamo ben lungi dalla perfezione – ma la cura riposta nei due progetti va decisamente a favore del lavoro della ormai defunta Rhino Studios, con quattordici anni di anticipo.

Pokémon è sempre Pokémon

Nonostante tutto, Leggende Pokémon: Arceus sa comunque divertire e intrigare, grazie a un gameplay loop veramente ben oliato e a una mole di contenuti molto ampia. Inoltre quelle aspirazioni che si porta dietro, seppur non raggiunte, hanno un valore quantomeno propositivo oltre che nostalgico: tornare, anche solo parzialmente, alle atmosfere che Johto metteva in scena in maniera così rilevante, riesce comunque a trasmettere qualcosa.

Un giorno, forse, GameFreak si scrollerà di dosso questo pressapochismo che si trascina dietro, e quel giorno le ambizioni sopite potranno davvero portarci una “nuova” Johto.
Fino ad allora, ci toccano Violetto e Scarlatto.

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