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I nomi parlanti, tra realtà e Fantasy

I nomi parlanti rappresentano un fenomeno tipico della letteratura. Nelle storie che leggiamo costituiscono uno dei tanti messaggi più o meno visibili, i quali permettono ai lettori di andare al di là di ciò che è immediatamente riconoscibile.

Gli autori giocano tantissimo con i mezzi a loro disposizione per poter dare le possibilità di interpretare i propri lavori; ma tra le scelte chiave, quella dei nomi parlanti dei protagonisti è tra le piccole grandi tecniche che portano ad analizzare con più accuratezza la caratterizzazione dei personaggi. Più specificamente, è al mondo fantasy che rivolgeremo il nostro sguardo, indagando l’utilizzo dei nomi parlanti in alcune opere del genere.

I nomi parlanti, tra letteratura e realtà

Il nome proprio, secondo la Treccani, identifica uno specifico elemento all’interno di una categoria, come per esempio persone o città. È quell’insieme di lettere che segna un individuo fin da bambino, anche se il titolare non ha alcun ruolo nella scelta.

Sono i genitori, infatti, ad assumere l’impegno di individuare un nome che possa rappresentare il nascituro per l’intera vita, e spesso il significato non corrisponde al suo carattere o alla personalità. Ma, d’altronde, un nome davvero identifica e segna l’esistenza? Non c’è, forse, possibilità di evolversi?

Eppure, anche nella realtà si assiste a vari esempi nei quali i soprannomi hanno descritto determinate particolarità. La prassi di accostamenti arriva addirittura fino a oggi; e ciò vale soprattutto per le icone sportive, artistiche o, comunque, culturali. Come non citare Carlo Magno, Pietro il Grande, Giovanna la Pazza nei libri scolastici? Ma anche l’Usignolo di Cavriago Orietta Berti, La Tigre di Cremona Mina; o, ancora, La Pulce Messi. Sono esempi del mondo reale che dimostrano come l’essere umano tenda a legare una persona con le sue caratteristiche fisiche o i suoi meriti per rendere riconoscibili, e indimenticabili, determinate persone ormai storiche. 

In letteratura, oltre a giocare con riferimenti storici se si parla di conquistatori o famiglie reali, il compito è più facile perché parte tutto dalla fantasia di chi impugna la penna. È proprio qui che il nome dei personaggi porta spesso con sé ben più di ciò che si possa immaginare.

È proprio questo il concetto di nome parlante: un significato capace di caratterizzare inevitabilmente un personaggio agli occhi del lettore, anche in maniera inconsapevole. 

Per esempio se un protagonista ha come soprannome “testadura” – ma anche come cognome o nome stesso – lo si correla spesso alla testardaggine, immaginando un tipo difficile da dissuadere.

Il Richiamo delle Spade, di Joe Abercrombie, primo volume de La Prima Legge.

Pensiamo, inoltre, a tutti i nomi da battaglia usati dai combattenti particolarmente capaci, che ne esaltano le qualità e spesso fanno riferimento a scontri famosi: Logen Novedita de La Prima Legge di Joe Abercrombie rimanda al suo dito mancante, permettendo sia agli altri personaggi nella storia che a noi lettori di riconoscerlo durante tutta la narrazione.

Perciò gli autori utilizzano furbescamente questa tecnica per delineare già nella testa del fruitore le proprie creazioni, formando allo stesso tempo una connessione emotiva. Oltre a essere, s’intende, un metodo molto semplice ed efficace per fissare il nome nella memoria di chi sta leggendo. Dal soprannome al nome, il passo è breve.

Fino a ora abbiamo elencato solo alcuni soprannomi; eppure, svolgendo delle ricerche, capiremmo che anche il nostro nome abbia un significato storico o linguistico. In questa maniera il mondo letterario prende ispirazione dal mondo reale, e i confini si fanno labili; in alcuni casi i nomi parlanti tendono a rimanere leggermente più nascosti, necessitando di una minima ricerca per poterne cogliere il senso.

Gli esempi dei nomi parlanti nella Letteratura Fantastica

Prima di elencare alcuni nomi parlanti, parliamo di chi ha preso questa tecnica, l’ha fatta sua e ci ha basato un intero sistema di nomenclatura: Robin Hobb. In special modo nelle trilogie ambientate nei Sei Ducati, la Hobb propone un sistema attraverso il quale i personaggi sono nominati direttamente con un aggettivo o un sostantivo e, nel caso dei reali, addirittura sono legati a esso attraverso una cerimonia del nome, che segnerà il nascituro.

Quello che la Hobb fa, però, non è unire meramente una persona a una qualità e attenersi strettamente a quella: l’autrice esplora tutte le sfumature positive e negative, i vantaggi e gli svantaggi, oltre alle aspettative e alle conseguenze. Non si esagera nell’affermare che, nelle sue opere, quasi tutte le persone che compaiono abbiano un nome parlante, dai garzoni di stalla ai Re e alle Regine.

L’Apprendista Assassino, di Robin Hobb

Prendiamo in esame alcuni personaggi:

  • FitzChevalier (FitzChivalry), il protagonista, il cui nome è l’unione tra Fitz, figlio, e il nome del padre Chevalier. Robin Hobb qui prende spunto dal nostro mondo: Fitz è la parola usata come prefisso aggiunto al cognome dei figli illegittimi, ma riconosciuti. Era una pratica diffusa soprattutto legata al nome del padre; ma non era strano vedere anche il titolo nobiliare, se posseduto ovviamente. Un esempio su tutti è Henry FitzRoy, il figlio illegittimo di Enrico VIII: il nome del bambino è letteralmente Enrico Figlio del Re. 
  • Sagace (Shrewd), il Re Lungavista che incontriamo ne “L’Apprendista Assassino”. Nonno di Fitz, si dimostra spesso una persona intelligente, facile agli intrighi e capace nel destreggiarsi tra le dinamiche di corte. Sono innumerevoli le frasi in cui i vari personaggi sottolineano quanto il nome del Re sia azzeccato alla sua personalità e al suo agire.
  • Veritas (Verity), principe secondogenito dei Lungavista. Famoso per dire sempre la verità e quello che pensa, tale qualità è spesso rimarcata dal protagonista Fitz. La Hobb da un lato premia questa sincerità, ma mostra anche che per Veritas sia facile farsi dei nemici e fatichi molto a tessere intrighi.

«La sua ambizione ha sempre superato di molto le sue abilità.»  [Sagace]  Fece una pausa, e guardò Regal dritto negli occhi. «In una famiglia reale, questo è un difetto deplorevole.»

L’Apprendista Assassino, Robin Hobb, Fanucci Editore, 2021, pag.66.
  • Regal, principe terzogenito. La madre Desirée ha voluto imporre il proprio pensiero e le proprie aspettative, che si riflettono sul nome: aspettative secondo cui la sua linea, congiunta al sangue Lungavista, debba essere più nobile di quella della prima Regina di Sagace, Costanza. Quindi, una volta riuscita a dare un figlio al marito, ha progettato di portare la sua prole il più in alto possibile, con risultati disastrosi. Regal è l’esempio perfetto del nome parlante ambiguo: se pensiamo a qualcuno di regale, il rimando immediato è a una persona gentile, magari severa, ma che combatte per la giustizia. Regal invece lo è solo in apparenza: nel privato è ambizioso, capriccioso, viziato, testardo, crudele, sadico, ingordo e cieco di fronte ai suoi difetti. Insomma, la Hobb fa vedere quanto un nome apparentemente positivo possa trasformarsi in una voragine di negatività.
  • Umbra (Chade), il maestro di Fitz. In questo caso il soprannome di Umbra delinea il suo modo di vivere, costretto a vivere nell’ombra a causa di esperimenti mal riusciti che lo hanno sfigurato e svolgendo il lavoro di Giustizia del Re senza che qualcuno sappia della sua esistenza. Conoscere solo il soprannome, e non il nome vero e proprio, è sintomo stesso dell’alone di mistero che circonda il personaggio. Il lettore, infatti, non possiede questa informazione; o quantomeno gli rimane il dubbio. Soprattutto considerando che si presenta a Fitz dicendo “Puoi chiamarmi Umbra”: chi può certificare che sia la verità?

I nomi parlanti “nascosti”

Robin Hobb ha sì preso questa tecnica e l’ha messa su carta, ma non ha sicuramente giocato con la sottigliezza, proponendo al lettore direttamente l’aggettivo o il sostantivo caratterizzanti. Ci sono altri esempi di autori che, al contrario, hanno modellato le parole usando nomi inventati a cui era, però, correlato un significato palese.

Il primo di questa peculiare casistica è Auren, della serie Plated Prisoner (il primo volume “La prigioniera d’oro” è stato pubblicato In Italia a marzo 2022, da Armenia), un retelling di Re Mida, scritto da Raven Kennedy. La protagonista ha un nome che in lingua anglosassone rimanda all’alloro; ma se pensiamo al latino è evidente come l’autrice abbia giocato con la parola “aureus“, in italiano “aureo”, rendendo il nome armonioso con la lingua originale dell’opera e imprimendo allo stesso un senso più profondo.

Gild, Glint e Gleam: i primi tre volumi della serie The Plated Prisoner di Raven Kennedy

Ancora, la serie autopubblicata The Bonds That Tie di J. Bree, poco conosciuta in Italia, consente di produrre una riflessione attorno ai personaggi di Oleander Fallows e Nox Draven

Partendo dalla prima, non è difficile visualizzare il richiamo all’oleandro e alla sua componente velenosa, ma anche il cognome contribuisce a caratterizzare la ragazza. Fallow significa infatti “incolto“, “a maggese“, “inattivo”; e per la storia di Oli è calzante. La nostra protagonista, infatti, ha un potere pericoloso che non vuole risvegliare.

Broken Bonds, Savage Bonds, Blood Bonds e Forced Bonds, i primi quattro volumi della serie The Bonds That Tie di J. Bree

Nox invece deriva da nòtte (dal latino “nox – noctis“, una radice conservatasi nella maggior parte delle lingue indoeuropee): non solo tale parola descrive i poteri dell’uomo, legati a incubi e a esseri oscuri, ma è altresì capace di assorbire la backstory del personaggio, ancora misteriosa per i lettori. Un passato da cui emergono dei segni di abuso, marchi di un’infanzia traumatica capace di indurre in Nox violenti episodi di stress post-traumatico, incubi e tendenza all’alcolismo.

Concludiamo la nostra carrellata con uno dei personaggi principali de “Il Ciclo dei Demoni”, dell’autore Peter V. Brett: Arlen Bales.

The Warded Man, L’Uomo delle Rune, primo volume del Ciclo dei Demoni è pubblicato da Oscar Vault

Il nome Arlen è di origine gaelica e significa “impegno, giuramento”; Bales può derivare dal verbo inglese “to bale“, “legare“. Tutto ciò identifica perfettamente il carattere di Arlen, il quale all’inizio della narrazione e dopo un evento drammatico si impegna in una promessa con se stesso ma, quando si accorge che non la sta rispettando, rivaluterà completamente le sue azioni passate.

Insomma, nella letteratura fantastica i nomi parlanti coprono un ruolo importantissimo nella caratterizzazione psicologica dei personaggi; se usati con intelligenza e con furbizia, permettono una comprensione ancora più profonda dell’opera stessa.

MS