Sangue di Giuda: una storia di tradimento e riscatto
Sangue di Giuda è il romanzo d’esordio di Graziano Gala, autore già noto per i suoi racconti presenti in diverse riviste letterarie, pubblicato nel 2021 da minimum fax. Il nostro viaggio parte dal titolo, perché è proprio da lì che, in un certo senso, inizia la narrazione.
E cosa vuole raccontare questo titolo che sa di parabole e vangeli? L’espressione “sangue di Giuda” appartiene al Sud Italia e rappresenta una bestemmia velata verso quelle cose della vita che non ne vogliono sapere di andare nel verso giusto. Ed è proprio in un paesino del Meridione che si svolge questa storia di tradimento e mala sorte. Insomma, in questa intestazione si nasconde un vero e proprio mondo, e nel corso di questo articolo cercheremo di svelarne i suoi segreti.
Sorride, nun capisce. Sorrido pure io, che se la lingua è barriera almeno ‘e risate saranno universali.
Sangue di Giuda, p. 51
Giuda “Giudariè” è il protagonista di questo romanzo; nessuno, nemmeno lui, ricorda più il suo nome di battesimo. Vive a Merulana da qualche parte nel Sud Italia, con Ammonio, gatto dalla vescica debole, il vecchio televisore Mivàr, che trasmette solo i programmi di Pippo Baudo, e con l’anima del padre che lo perseguita non appena le luci si spengono e cala il silenzio.
Scrive lettere alla moglie ‘Ngiulina per raccontarle le sue giornate, anche se non sa nemmeno dove si trovi; la figlia lo detesta e non gli fa vedere i nipoti e il genero lo minaccia con il fucile ogni volta che lo incrocia. Gli unici amici che ha sono Ferlinghetti, il vicino di casa inglese che gli presta la macchina da scrivere, e Turi Bunna, ex politico costretto a travestirsi da donna e prostituirsi. La storia si apre al lettore con un evento, il furto del Mivàr, che sarà il pretesto per un susseguirsi di eventi incontrollabili dai quali Giudariè sarà travolto.
Traditori e traditi
Tu prova ad avere un mondo nel cuore
Un Matto (dietro ad ogni scemo c’è un villaggio), Fabrizio de André
e non riesci ad esprimerlo con le parole
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo che passa
e neppure la notte ti lascia da solo
gli altri sognan sé stessi e tu sogni di loro.
Questa canzone di Fabrizio De André è contenuta nell’album Non al denaro, non all’amore, né al cielo del 1971. È davvero difficile non trovare all’interno dei versi di Un matto (dietro ad ogni scemo c’è un villaggio) delle somiglianze tra i due personaggi.
Ogni villaggio, infatti, ha bisogno di uno scemo su cui sfogare frustrazioni e paure. La sua sola presenza poi, così come di tutti gli emarginati sociali, fa sì che possa tracciarsi una linea netta tra loro e chi invece si ritiene normale e fortunato ad occupare la parte “giusta” della barricata.
In realtà, il matto, lo scemo del villaggio o come lo si voglia chiamare, è un uomo rimasto fedele a sé stesso e per questo vince su una società corrotta, avida e malata. Ed ecco che il nostro Giudariellu, senza nessuna impresa eroica, si è guadagnato un finale che gli ridà quella dignità, smarrita da ormai più di mezzo secolo.
Society have mercy on me, I hope you are not angry, if I disagree.
Society, Eddie Vedder
“Società abbi pietà di me, spero tu non sia arrabbiata se io sono in disaccordo”, cantava Eddie Vedder nel brano Society, colonna Sonora del film Into the Wild. Un film dove il protagonista, stanco dell’avidità e del materialismo sui quali si fonda l’intera società, decide di mollare tutto e intraprendere un diverso percorso di vita.
Non essere in accordo con la società in cui viviamo e provare ad essere la voce fuori dal coro non è semplice, e spesso si viene sputati fuori, messi al margine fino al punto di sbarazzarsene. Succede al matto “riportato in vita” da De André, che finisce in manicomio; e succede anche a Giudariellu che verrà mandato via da Merulana.
‘U dottore in ospedale disse, ancora mi ricordo: << Il ragazzino è sotto scioc >>. No dottore, ci vorrei rispondere, ‘o ragazzino è cresciuto, e nun è scioc: so’ na ventina ‘e denti in meno, n’incapacità ‘e durmire a notte, nu iattu ca te piscia ‘nfaccia, na moglie finita chissà dove, nu papà che t’e rimastu ‘ntra capu, ‘ntr’all’osse e puru ntra credenza. Se tutte ‘ste cose le putimm chiamare SCIOC dottò, tu nun si’ nu medico, si’ n’inserzionista d’a settimana enimmistica.
Sangue di Giuda, p. 79
Chiamare qualcuno Giuda è un chiaro riferimento al traditore per eccellenza, Giuda Iscariota che vendette Gesù per trenta denari. Il nostro protagonista invece ha tradito suo padre, non conformandosi alla mentalità corrotta della gente di Merulana. Questo coraggio gli è costato caro e quando era ancora bambino, è stato massacrato di botte, insultato e privato del proprio nome di battesimo e della propria identità.
Addentrandosi nella lettura del romanzo e facendo amicizia con Giudariellu diventa lampante come il vero tradito sia lui. Il vero tradimento non è quello di cui è accusato il protagonista ma è il tradimento della società verso i più deboli che vengono lasciati al margine.
C’è solo sangue, solo sangue dentro me, c’è solo sangue, quando sai che sei fedele, a quello in cui non credi più.
Afterhours, Il sangue di giuda
Come cantano gli Afterhours ne Il sangue di Giuda contenuta nell’album “Ballate per piccole iene” del 2005. D’altronde, quando subisci un tradimento non rimane nulla, non si ha nemmeno la forza di provare rabbia; e mentre il corpo soccombe al peso del dolore, solo il sangue ha ancora la forza di scorrere e mantenerci in vita. Giudariellu, dopotutto, sembra mantenersi in vita proprio grazie al sangue che ancora scorre dentro le sue vene. Il vero Giuda non è il nostro protagonista, ma sono suo padre e gli abitanti vigliacchi di un paesino in balia della corruzione.
È una situazione che si capovolge: colui che porta il nome del traditore più famoso della storia in realtà è il tradito. Abbandonato dalla stessa madre incapace di difenderlo, abbandonato dalla figlia che lo sfrutta per i soldi della pensione e non perde occasione per insultarlo. Nel romanzo c’è un altro grande tradito dalla società perché non conforme al modello ritenuto sano: Turi Bunna, che è passato dall’essere candidato alle elezioni del paese a prostituirsi vestito da donna. Tutto questo per via della sua omosessualità e della sua voglia di portare un cambiamento a Merulana.
La questione della lingua
Fabrizio De André, cantautore famoso per il suo dono di raccontare degli ultimi, degli emarginati, dei traditi dalla società, ha sempre fatto attenzione al linguaggio, abbandonando di tanto in tanto l’italiano per immedesimarsi col protagonista del brano.
Qual è la direzione, nessuno me lo imparò, qual è il mio vero nome, ancora non lo so.
Il canto del servo pastore, Fabrizio De André
Questa frase tratta dal Canto del servo pastore nell’album Fabrizio De André conosciuto anche come L’indiano, contiene un’imprecisione linguistica che rende ancora più reale il pastore, protagonista del brano. Sangue di Giuda è raccontato dallo stesso Giudariellu in un dialetto che nasce dal miscuglio tra pugliese e napoletano. Giuda è un vecchio emarginato, un uomo semplice lasciato solo da tutti che tira a campare: se parlasse un italiano corretto sarebbe poco credibile. Nelle espressioni sgrammaticate c’è la verità del personaggio, e la voglia di aiutare il lettore a empatizzare con il protagonista.
La lingua ibrida in cui è scritto il romanzo rende comprensibile la lettura anche a chi non è nativo del Meridione. Se questo romanzo fosse stato scritto in italiano avrebbe perso molto del suo fascino: quello dato dalla capacità che hanno i dialetti di rendere comica anche una situazione tragica, strappando qualche risata al lettore e rendendo tutto più leggero.
Per chi viene dal sud, invece, leggere questo libro è casa. È radici, è il nonno che ti racconta espedienti di una vita vissuta in campagna, con il viso che ha preso lo stesso colore di quella terra rossa e argillosa che gli dipinge le unghie. Raccontare gli ultimi sciorinando terminologie accademiche, e rendendosi comprensibile solo a chi ha un alto livello di istruzione e di cultura è paradossale: significa escludere proprio quella parte di società al centro della narrazione. Graziano Gala ha scritto un libro che qualsiasi “Giudariellu” può leggere e ritrovarcisi.
Ecco la vera impresa di questo autore: mettere da parte la letteratura di nicchia e scrivere un romanzo inclusivo, un regalo per tutti. Giuda è un personaggio che chiunque viva o abbia vissuto in un paesino ha conosciuto almeno una volta.
Io penso c’aggiu resistitu sempre, mentre gli altri morivano, pure senza denti e senza vestiti e senza nome, solo p’ a speranza di ricominciare tutto daccapo.
Sangue di Giuda p. 164
Graziano Gala ha dato la possibilità a tutti i Giudariellu di riscattarsi, di avere un lieto fine dopo una vita di sputi in faccia. Solo alla fine del romanzo scopriremo il vero nome di Giuda, che non è un nome casuale ma il nome di un eroe, uno dei più famosi eroi greci, che accanto al coraggio e al bisogno di spingersi oltre portava con sé anche il grande dolore di essere lontano dalla propria famiglia e dalla propria patria.
Un po’ come Giudariellu che, nonostante tutto, ha sempre trovato il coraggio di vivere e di essere sé stesso, nonostante questo gli abbia causato grande dolore fisico ed emotivo.
ER