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Erased: Satoru Fujinuma tra tempo privato e tempo reale

Satoru Fujinuma è il personaggio principale di Erased, una serie giapponese del 2017 nata come adattamento in live action del manga di Kei Sambee “Boku dake ga Inai Machi’ (tradotto letteralmente con “La città in cui io non ci sono”) del 2012.

Il protagonista è un giovane aspirante mangaka dotato di una speciale abilità, quella riavvolgere le trame del tempo per qualche minuto. Questi fenomeni, che Satoru chiama ‘revival’, hanno lo scopo di evitare il compiersi di avvenimenti nefasti.

Quello del viaggio nel tempo è un artificio narrativo molto utilizzato nel mondo del cinema, che si avvale di teorie come quella del “paradosso del nonno“, utilizzata nella trilogia di Robert Zemeckis “Ritorno al futuro”, o quella del “paradosso di conoscenza” presente nell’opera di James Cameron “Terminator“.

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Riorno al futuro: Il flusso canalizzatore.

I due esempi appartengono sicuramente al genere fantascientifico, ma non lasciatevi ingannare da questa associazione fin troppo semplice. Il viaggio nel tempo, infatti, offre spunti narrativi anche per altri generi, come quello drammatico e la commedia.
Stiamo dimenticando il genere romantico? La risposta potrebbe essere un sibillino “NI“, perché quando si tratta di amore e di sognare ad occhi aperti, anche le teorie più accreditate possono essere smontate in funzione del bellone di turno.

Nel caso di Erased, il tema del viaggio temporale subisce delle trasformazioni nel corso degli episodi perdendo via via di importanza fino a rimanere sullo sfondo, quasi schiacciato da elementi narrativi come quello drammatico e del racconto di formazione.

Nel corso di questo articolo, quindi, andremo ad esaminare da vicino questa opulenza narrativa e cercheremo di capire qualcosina in più della storia di Satoru Fujinuma

Tempo reale e tempo soggettivo

L’episodio pilota si apre sulla quotidianità di Satoru, con un lavoro come fattorino per una pizzeria, la quasi totale solitudine e il sogno di diventare un mangaka affermato utilizzato come scusa per non affrontare sé stesso, perché le paure lo hanno lasciato a penzolare nel passato.
E la sua abilità di modificare il tempo? Un tale potere dovrebbe farlo sentire una sorta di Lancillotto moderno, giusto? E invece no, per il nostro protagonista è una cosa da niente, se non addirittura una “rogna” che lo costringe a farsi coinvolgere nella vita degli altri.

Questo schema viene subito spezzato nel primo episodio quando, dopo l’assassinio di sua madre e l’essere ricercato come unico sospettato, Satoru torna nella sua infanzia e, più precisamente, nel periodo in cui nella sua cittadina si è verificata una serie di omicidi di bambini. Ora non si tratta più di salvare il futuro di una persona qualsiasi bensì di sua madre, della piccola Kayo e pure della sua anima. Una gran bella tarantella per uno che voleva solo trascorrere la sua esistenza tra pizze da consegnare e sogni accantonati in partenza, no?

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Satoru e Kayo

È qui che il fantascientifico inizia a perdere la sua potenza narrativa in favore della correlazione tra tempo ed elemento drammatico.

In questo revival Satoru torna indietro di ben diciotto anni, ma se pensate di vedere le due versioni del protagonista che lottano a braccetto contro il cattivo di turno siete decisamente fuori strada.
Infatti, è solo la coscienza di Satoru a compiere il viaggio e ad infilarsi nel corpo del sé stesso bambino. Questa anomalia rispetto ai canoni della narrazione sul viaggio nel tempo ci porta al primo elemento fondante dell’intera produzione.
Il tempo privato di Satoru si fonde con quello reale generando una terza dimensione temporale, all’interno della quale il protagonista inizia la “crociata” che lo condurrà non solo a smascherare l’assassino e a salvare il futuro di sua madre, ma anche a “rispondere” alle domande che aveva abbandonato insieme ai suoi sogni di gloria.

Della soggettività del tempo avevamo già parlato con Le sorelle Macaluso ma, a differenza dell’opera di Emma Dante, il tempo “reale” non è circoscritto alla dimensione familiare delle protagoniste, ma si allarga a tutti i personaggi. Il risultato? il tempo privato di ogni personaggio viene modificato, a volte in maniera impercettibile, dalla nuova versione di Satoru.

I successivi revival, da questo punto in poi, avranno il solo scopo di fornire a Satoru elementi utili per affrontare il passato e districare l’intreccio generato dalla svolta ‘thriller’.

Come possiamo notare, quindi, l’elemento fantascientifico viene totalmente spogliato della sua importanza primaria e viene messo a servizio di una narrazione stratificata e complessa, all’interno della quale è il “vecchio e nuovo Satoru” a declinare ogni sfumatura delle vicende raccontate.

Nessuno si salva da solo, neanche un viaggiatore del tempo

Abbiamo visto come il presente di Satoru sia dominato dalla solitudine e inquietudine. Nel corso degli episodi, invece, vedremo il protagonista aprirsi a nuovi rapporti e, quella che all’inizio della serie sembrava dover essere una sorta di battaglia personale contro il male, diventa invece una storia permeata da una coralità tutt’altro che scontata.

Questa piccola rivoluzione accompagna l’ingresso di un nuovo elemento narrativo, rappresentato dal racconto di formazione, che aggiunge alla vicenda tutta la gamma di nobili sentimenti come l’amicizia, l’amore e il senso di comunità che caratterizzano il genere, e alleggeriscono le tinte cupe e quasi inquietanti che avevano permeato l’opera negli episodi iniziali

Arrivati a questo punto però, con l’aggiunta di tutti questi nuovi spunti, come si riesce a mantenere fluida la narrazione senza avere la sensazione di guardare delle diapositive? Il merito degli autori, in tal senso, è stato quello di affidare alla crescita personale di Satoru il compito di fare da collante, accompagnando lo spettatore attraverso l’evoluzione della storia fino al desiderato lieto fine.

Di cosa parliamo quando parliamo di Erased?

Nelle righe precedenti abbiamo visto come l’elemento fantascientifico, rappresentato dal viaggio nel tempo, viene “trasformato” per arricchire una sceneggiatura già ricca di generi differenti. Inoltre, abbiamo constatato come gli autori siano riusciti a mantenere una discreta fluidità che ha in parte arginato il pericolo da “montagne russe”.

Analizzando più approfonditamente l’intera serie, però, capiremo che si tratta di una missione compiuta solo a metà: la notevole quantità di stili che si intrecciano in Erased, infatti, arricchisce le vicende e smussa le deficienze ma, di contro, rende un tantinello difficile capire quale sia l’elemento narrativo predominante. Siamo di fronte ad una storia di fantascienza? A un dramma adolescenziale o a un racconto di formazione in stile “Cuore”?

La risposta non è nelle stelle, come disse qualcuno, e neanche in un plot twist che si è smarrito nel trasloco da manga a live action. Al contrario, risiede nella sensibilità dello spettatore che, tra un revival e l’altro, deciderà se il nostro Satoru sia riuscito a diventare un supereroe come sognava da bambino o se Erased è solo il racconto di come è diventato un uomo.

SL