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La matassa dell’Airone

Diffuso nelle sale giapponesi dalla Toho nel luglio del 2023 e a gennaio di quest’anno nelle nostre sale (e non solo), l’ultimo film diretto da Hayao Miyazaki Il ragazzo e l’Airone ha richiesto circa sette anni di lavoro, per poi riscuotere parecchio successo al botteghino in pochi giorni. Solitamente, più si procede nella carriera di un creativo e più è facile trovare spaccature nel pubblico per quanto riguarda le impressioni riguardo le sue opere. Forse perché nel tempo ci si abitua a una certa impronta, a un certa verve e approccio alla creazione di storie e immagini e, di conseguenza, ciò che prima stupiva viene via via dato per scontato. Quello che rimane a galla ed evidente per gli spettatori navigati, in questo processo graduale di raffinazione della percezione e decodifica, a questo punto, è forse un materiale oleoso e poco limpido, pronto a generare reazioni divergenti presso gli spettatori.

Da questa dinamica non troppo dissimile dal fenomeno che si può verificare nei rapporti di amicizia o più intimi, si deduce che è quasi naturale che con l’avanzare nella carriera di un creativo il “katamari emotivo innato”1 si faccia sempre più (pre?)potente. Dopotutto, come già discusso nel pezzo appena richiamato, quando fruiamo di un qualsiasi contenuto stiamo interfacciando il nostro stato d’animo, la nostra sensibilità e molti altri fattori personali più o meno transitori con qualsivoglia opera, e ciò ha delle ripercussioni innegabili sulla nostra esperienza.

Così è stato inevitabilmente anche per Il ragazzo e l’airone (君たちはどう生きるか, “Kimitachi wa, dō ikiru ka”), un film che che richiama l’omonimo romanzo di Genzaburo Yoshino a partire dal titolo.

La cicatrice sulla testa del protagonista ha un richiamo importante nel romanzo di formazione da cui il film prende spunto. Di che tipo, lo esporremo a tempo debito.

Si tratta di un romanzo di annoverata importanza nella letteratura giapponese, a cui Hayao Miyazaki è intimamente legato al punto di farlo apparire nel film quasi come fosse un personaggio, che influisce sulla sensibilità del protagonista Mahito dandogli una spinta verso la via per diventare una persona migliore (rispetto a cosa, lo vedremo poi) e donandogli il coraggio per intraprendere il suo viaggio in un mondo nuovo, fatto che rappresenta la parte centrale dell’intreccio. Questo intervento è però piuttosto ermetico, in quanto nessun brano del romanzo viene richiamato apertamente nel corso della storia, ad eccezione di una pagina in lingua originale per una manciata di secondi. Tuttavia, il suo impatto viene reso esplicito dalle copiose lacrime del protagonista che si riversano sulle pagine del manoscritto regalatogli dalla nuova madre Natsuko (sorella della madre naturale, Hisako) nella primissima parte del film. Brano che, a momento debito, verrà rivelato.

Durante la visione, si ha spesso l’impressione che Il ragazzo e l’airone costituisca un po’ tutto ciò che Miyazaki ha inserito nei suoi film marchiati Studio Ghibli e non, sia a livello visivo che tematico, ma ponendo un livello ulteriore e superiore. Per tornare a un concetto espresso poco fa, non sarebbe fuori luogo definire ciò che Miyazaki mette in campo nella sua ultima opera come un katamari di immense proporzioni, una matassa di elementi nuovi e passati che alla prima visione potrebbe spiazzare e confondere lo spettatore. Un primo elemento di potenziale divisione è il registro con cui sono veicolati i messaggi. Ma, dopotutto, non bisogna dimenticare il fatto che Hayao Miyazaki abbia in mente come spettatore ideale i bambini, come aveva confessato nel documentario Il regno dei sogni e della follia (夢と狂気の王国, “Yume to kyōki no ōkoku”, Dwango & Ennet Co., Lucky Red, 2013). In questo, aveva inoltre espresso il suo disappunto verso uno dei film più apprezzati della sua carriera, Porco Rosso (紅の豚, “Kurenai no buta”, 1992) proprio per il fatto che, al termine dei lavori, si è ritrovato con una storia che non ha mai reputato davvero adatta per un pubblico di fanciulli.

Nel documentario sopracitato, ci viene anche rivelato come la storia nei film di Miyazaki proceda di pari passo con la stesura dei bozzetti preparatori, che a sua volta avviene parallelamente a tutto il resto. Un approccio sicuramente fuori dal comune.

Al tempo stesso, risulta quasi evidente come Miyazaki ne Il ragazzo e l’airone rifiuti il concetto stesso di colpo di scena, piazzando indizi tutt’altro che velati, quasi in modo da assicurarsi che questi elementi non possano prendere il controllo della nostra attenzione e permetterci di concentrarci su quello che conta davvero. Ma andiamo con ordine, tenendo a mente la necessità di considerare come questa icona dell’animazione giapponese sia una figura abbastanza poliedrica e ci sarebbero tanti, troppi Miyazaki di cui si potrebbe trattare, tra cui:

  • Il Miyazaki fanciullo durante il secondo conflitto mondiale (e di cui è quasi superfluo sottolineare i paralleli biografici della primissima parte del film);
  • Il Miyazaki adolescente che, travolto dagli studi e in cerca di consolazione nei momenti di tregua nei manga, improvvisamente si innamora della principessa de La leggenda del serpente bianco (白蛇伝, “Hakujaden”,Taiji Yabushita, 1958) e dell’animazione in un colpo solo;
  • Il Miyazaki fervente sindacalista alla Toei negli anni ’60, nonché l’inizio dell’amicizia e del sodalizio col compianto Isao Takahata;
  • Il Miyazaki che, nelle sue interviste, a partire dalla fine degli anni ’70 discute generosamente di tecniche di animazione, dell’attrito inevitabile delle trasposizioni dai manga ai film con attori in carne e ossa e del suo disprezzo per come la Disney andava a costruire i suoi film per il pubblico tramite proiezioni di prova.2
  • Il Miyazaki talvolta intriso di un pessimismo cosmico di Leopardiana memoria che si intravede nel documentario già menzionato Il regno dei sogni e della follia.

A conclusione di questa introduzione, teniamo a chiarire che il punto di questo articolo è semplicemente quello di offrire un paio di interpretazioni personali sull’ultima opera del regista e animatore giapponese, anche e soprattutto alla luce del romanzo da cui ha preso spunto. Premessa la conoscenza della trama del film da parte dei lettori, le vicende di Mahito e della sua famiglia saranno richiamate solo ove opportuno. Eventuali considerazioni legate esclusivamente all’aspetto visivo del film, inoltre, saranno relegate all’ultima parte dell’articolo.

Ma ora, è arrivato il momento di dare un po’ di spazio a un certo romanzo pubblicato nella seconda metà degli anni ’30.

Tamponare l’odio

Prima di partire con un’analisi dei punti di contatto tra l’opera letteraria di Genzaburo Yoshino e Il ragazzo e l’airone, vale la pena di spendere qualche parola per dare un’idea del contenuto del romanzo omonimo, reso in italiano come E voi come vivrete? e pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1937. Una prima precisazione riguarda il contenuto dei due testi nel senso ampio del termine: se da un lato nel film di animazione troviamo un grande sfoggio di elementi di fantasia e soprannaturali, tutto ciò è assente nel modo più assoluto nell’opera letteraria. Tuttavia, questa differenza marcata non fa altro che rendere i punti di contatto ancora più evidenti per contrasto.

Potrà sembrare strano riportare come prima citazione del manoscritto un estratto delle sue ultimissime pagine, ma il loro contenuto è talmente importante che, siamo sicuri, non precluderà il piacere della lettura dello stesso. Dal momento che chi scrive ha recuperato la traduzione inglese a cura di Bruno Navasky del 2021, tutte le citazioni saranno riportate nel medesimo idioma. Tuttavia, ciascuna di esse avrà anche una traduzione in italiano posta nelle note in fondo a questo articolo volta per volta.

I think there has to come a time where everyone in the world treats each other as if they were good friends. Since humanity has come so far, I think now we will definitely be able to make it to such a place. So I think I want to become a person who can help that happen.3

– How do you live?, Genzaburo Yoshino, Penguin Random House UK, 2021, p. 275

Questa citazione racchiude in sé l’autore stesso e l’epoca contraddistinta dai conflitti in cui ha vissuto. Non bisogna dimenticare che l’opera venne realizzata dopo un periodo di prigionia di diciotto mesi per mano della polizia speciale del regime, e quando l’autore venne rimesso in libertà il Giappone aveva già avviato le operazioni militari che sarebbero sfociate poi nel secondo conflitto mondiale. Da cui, innegabilmente, il desiderio di Genzaburo Yoshino di creare un romanzo che fungesse anche da guida morale e filosofica per cercare di tamponare il clima ormai imperante del periodo.

Genzaburo Yoshino.

L’opera non presenta fronzoli particolari per quanto riguarda la forma e la stesura, e il contesto temporale in cui si svolge si può riassumere in una parentesi che parte dall’autunno fino all’inverno successivo. Essa presenta tuttavia una dinamica degna di menzione: l’alternanza di capitoli puramente narrativi ad altri di natura che potremmo definire epistolare e più spiccatamente riflessivi. Sia il protagonista quindicenne Honda Jun’ichi, detto e da qui in poi “Copper”4, che suo zio trascrivono in questi capitoli appunti e considerazioni di varia natura, collegati alle conversazioni avute insieme o a eventi quotidiani significativi vissuti dal ragazzo.

Non mancano parentesi riguardanti questioni storiche, filosofiche, sociali e persino economiche. Mettere queste riflessioni nero su bianco è molto importante per lo zio, che desidera con tutto se stesso rendere Copper un buon adulto, non solo con principi e solidi riferimenti, ma anche desideroso di allargare il proprio sapere e la propria esperienza, in modo da riuscire a decodificare le manifestazioni della cultura e dell’arte. Di fatto, lo zio funge da vera e propria figura paterna e questo non è casuale, in quanto Copper ha perso il padre da un paio d’anni a causa di una malattia improvvisa.

Come è facile dedurre, lo zio e il giovane Copper sono le figure principali del romanzo, a cui si affiancano la madre (quasi inesistente nella prima parte, fondamentale nella seconda), i tre amici del protagonista (Kitami, Mizutani e Uragawa) e la sorella maggiore di Mizutani (Katsuko). Quest’ultima scatenerà una riflessione fondamentale sui grandi personaggi della storia (Napoleone Bonaparte, nello specifico), che vedremo più avanti. Vediamo ora di presentare con ordine gli elementi che fungono da punti di contatto tra il film di animazione e il romanzo di Yoshino. Una prova del profondo legame tra le due opere, presente in un piccolo dettaglio insignificante, è visibile nella prossima immagine.

Il fatto che sulla latta a destra si legga chiaramente “Latte in polvere” (MILK Powder) non è un caso. Una delle prime riflessioni di Copper riguardo i rapporti di produzione tra le nazioni diverse, infatti, scaturirà proprio da questo prodotto.

Lo zio e il prozio

Ora che abbiamo le idee un po’ più chiare sul contenuto dell’opera letteraria, possiamo fare un piccolo riassunto dei punti in comune tra Il ragazzo e l’airone rispetto al romanzo, che saranno poi affrontati passo passo:

  1. La perdita prematura di un genitore del personaggio principale.
  2. Un atto di codardia da parte del protagonista.
  3. La malattia a seguito del suddetto atto.
  4. La figura dello zio nel romanzo e del prozio nel film.

L’ultimo punto è probabilmente il più complesso, in quanto le due figure, seppur relativamente identiche a livello di parentela, offrono differenze importanti e che meritano un approfondimento particolare.

Partendo dal primo punto, la differenza qualitativa tra le due opere risiede nella figura genitoriale che è venuta a mancare: la madre nel caso di Mahito; il padre per Copper. In entrambi i casi, tuttavia, a questa figura se ne sostituisce un’altra altrettanto premurosa. Nel film abbiamo Natsuko, sorella della defunta Hisako e che sarà presto moglie e incinta del padre di Mahito. Il fatto che Natsuko decida di regalare al ragazzo proprio il romanzo di Yoshino avrà delle connotazioni potenti con diversi punti del film che andranno a seguire. In un certo senso, è come se questo dono proiettasse un bignami da seguire sugli sviluppi della storia che si succederanno di lì a poco. Per proseguire, tuttavia, è necessario far scendere in campo anche il punto 2, ovvero l’“atto di codardia”.

Nella primissima parte del film, Mahito viene mandato a frequentare la nuova scuola dopo essersi trasferito in una villa lontana dalla capitale Tokyo, vittima dei bombardamenti (le cui suggestioni visive saranno accennate nell’ultima parte dell’articolo). Fin da subito, è evidente come lo stato sociale della sua famiglia gli vada a fruttare un’antipatia da parte dei suoi compagni di scuola di estrazione ben più modesta e, probabilmente, aggravata dalle difficoltà legate al conflitto in corso. Ne Il ragazzo e l’airone abbiamo, in questo senso, un parallelo biografico, ovvio e quasi scontato, molto forte col padre di Hayao Miyazaki, poiché egli stesso poteva permettere una vita agiata alla propria famiglia in quanto imprenditore e produttore di componenti per aerei militari.

Tornando alla pellicola, l’episodio decisivo si verifica mentre Mahito sta tornando a casa a piedi e viene intercettato dai suoi compagni per un agguato. Dopo essersi difeso al meglio delle sue capacità e aver ripreso la via di casa, a un tratto decide volontariamente di ferirsi gravemente alla testa con un sasso, presumibilmente per due motivi: non dover tornare più a scuola e forse, soprattutto, per vendicarsi contro i ragazzi che l’hanno aggredito facendoli passare per i colpevoli di quel gesto particolarmente violento.

Anche la colpa del protagonista del romanzo, non a caso, riguarda un atto di codardia, seppur contestualizzato diversamente. Copper, infatti, viene colpito da un’indecisione che gli impedisce di precipitarsi dai suoi tre amici mentre sono in balia dei bulli del quinto anno, uno stato d’animo che lo blocca sul posto a una manciata di metri da loro per dei minuti che sembrano interminabili. Oltre alla codardia, Copper soffrirà per non essere stato in grado di mantenere la promessa solenne che aveva stretto coi suoi amici qualche settimana prima: fare fronte comune proprio quando ciò si sarebbe verificato. Ma chi, meglio di lui e delle sue parole, per esprimere quello che ha provato in quel pomeriggio di inverno nevoso?

Copper couldn’t lift his head. Now, a mere five or six meters away, Kitami and his other friends were crying and consoling each other, but he couldn’t bring himself to go to them or even to call out.

Just a short while ago, these had been his closest friends in the world. Now it seemed that they were receding into the distance, like strangers to him already, and might never be friends with him again. It felt like he had fallen into a deep, dark ravine, abandoned alone at the bottom of an unscalable cliff. What had he done?

What a foolish thing that could never be taken back!5

– Ivi, p. 196

Non è da sottovalutare come questi sentimenti di colpa non solo inizino a crescere sempre di più nella mente e nel cuore di Copper, ma anche di Mahito nel periodo della sua guarigione. La colpa come un segno indelebile viene menzionata ne Il ragazzo e l’airone dal ragazzo quando parla della cicatrice sulla testa che gli rimarrà per tutta la vita. Copper, dal canto suo, guadagnerà una ferita puramente nella coscienza, ma dovrà restare a casa per diversi giorni in preda a una forte febbre. Il parallelo tra i due ragazzi, tra romanzo e animazione, è qui visibile anche grazie alla figura delle rispettive madri, e non esclusivamente per il “quadro clinico” della questione:

For the first three days, Copper was lost in painful delirium from dawn to dusk, with a fever of around 40 degrees Celsius. But thanks to this mother’s tireless care through the day and night, his fever started to break around the fourth day, and his aches and pains began to recede as well.6

– Ivi, p. 203

Copper, nel romanzo, arriva a peggiorare volontariamente la sua condizione tenendo la finestra aperta e scoprendosi di notte, tanto è forte il suo senso di colpa nei confronti degli amici che ormai reputa perduti per sempre. Dopo essere guariti, sia Copper che Mahito si trovano con le lacrime agli occhi per come le rispettive madri abbiano fatto loro intendere di aver capito tutto, e offerto una morale grazie a cui risollevarsi e diventare persone migliori attraverso un’esperienza negativa, senza far sentire a disagio o in difficoltà i due ragazzi. L’elemento di unione, affascinante e sottile, tra le due opere si trova proprio in questa circostanza: la madre di Copper sceglie di affrontare quello che è capitato al figlio raccontando un episodio di quando lei stessa andava a scuola, evitando quindi di metterlo in imbarazzo. Ne Il ragazzo e l’airone, come già anticipato, Natsuko usa la storia di Copper come ambasciatore discreto.

[…] if your regrets help you to really learn an essential thing about being human, that experience won’t have been wasted on you. Your life afterward, thanks to that, will be better and stronger than it was before. Jun’ichi, that’s the only way for a person to become great.” […]

As Copper listened to his mother’s words, his eyes became a little misty. […] His mother who, even though she knew all about it, told her story without mentioning his struggle! […]

Copper tried hard to hold back his tears, but they welled up and spilled out.7

– Ivi, p. 228

Probabilmente, quando Mahito scoppia in lacrime durante la lettura, sta leggendo proprio queste parole: capisce che la sua nuova madre Natsuko non è solo premurosa, ma anche saggia e, proprio come la madre di Copper, desidera il meglio per il ragazzo. Mahito fa così il primo passo nel suo percorso verso la maturità. L’errore commesso, l’atto di codardia, è uno sbaglio e una tappa al tempo stesso; una cicatrice da mostrare sia con orgoglio che con amarezza; una lezione personale potente, proprio come gli incantesimi lanciati da Himi. Questa ripresa di coscienza rappresenta anche un punto di partenza che gli permetterà di affrontare a testa alta il viaggio irto di pericoli ed elementi fuori dal comune che lo attende.

La necessità di compiere errori per diventare migliori rivestirà un ruolo di primo piano anche in seguito. Prima di affrontare il rapporto tra lo zio di Copper e la figura particolare del prozio di Mahito, tuttavia, sarebbe un peccato non cogliere il la per affrontare una tematica strettamente legata alle peripezie scolastiche de Il ragazzo e l’airone: la povertà.

Disfare la carità

Il giorno prima dell’agguato a Mahito descritto poco fa, il padre del ragazzo, Shoichi, annuncia di aver fatto una donazione molto generosa alla futura scuola del figlio. Purtroppo l’adattamento italiano non rende sicura questa sfumatura, ma il modo in cui Shoichi comunica il gesto sembra intriso più di orgoglio e superbia che di semplice generosità, quasi come se stesse provando ad acquistare il rispetto dei futuri compagni di classe di Mahito tramite il denaro. E se gli studenti fossero stati presenti durante questo gesto, non è da escludere il fatto che l’origine dell’agguato possa essere stata una reazione diretta a ciò. Infine, il padre pare quasi divertito dalla sorpresa con cui gli insegnanti hanno accolto l’ingente somma donata, un elemento che potrebbe essere sintomo, appunto, di un senso di superiorità.

Il tema della povertà è affrontato nel romanzo di Genzaburo Yoshino a più livelli, tanto da un punto di vista morale ed etico quanto da quello umano. Uno degli amici di Copper, Uragawa, è figlio di commercianti di tofu e talvolta si trova costretto ad aiutare la famiglia col lavoro quando uno degli assistenti è malato o quando il padre è fuori casa a chiedere denaro ai parenti nei momenti difficili (cosa che Uragawa confiderà in segreto solo a Copper). Questo gli provoca dei pisolini involontari abbastanza frequenti in classe e delle difficoltà nel seguire le lezioni, con episodi di bullismo annessi contro cui il gruppetto di amici non tarderà a scagliarsi.

Uragawa, di fatto, rappresenta l’incontro di Copper, di estrazione più agiata seppur non ai livelli del protagonista de Il ragazzo e l’airone, con una realtà familiare che deve fare i conti con limiti finanziari e una quotidianità più austera e stringente. Ecco come si esprime lo zio di Copper al riguardo:

[…] that doesn’t mean it’s okay to ignore the fragile spirits of those in poverty. […] until the day you have stood in the place of the poor and tasted the bitter pain of poverty and then stood up to the world time and again, without losing your confidence, you are not qualified to do so. […] If you were to start feeling even a little proud of your family’s good life and to look down on people less wealthy than you, more thoughtful souls would be right to laugh at you.8

– Ivi, p. 119

E quello che fanno i compagni di classe di Mahito non appena si siede al suo posto il giorno dopo è proprio ridere di lui. Dalle parole dello zio si delinea quindi un equilibrio fondamentale da mantenere per rimanere nella correttezza: da un lato, le difficoltà del prossimo non devono essere la scusa per innescare un senso di superiorità; d’altro canto, coloro che vivono in povertà sottostanno a condizioni difficili e quindi potrebbero avere un orgoglio più fragile. Al tempo stesso, gli individui facoltosi non acquisiscono alcunché rispetto agli altri per quello che indossano o possiedono. Non è un caso che Copper, non appena scopre le abilità lavorative di Uragawa, inizi a provare ammirazione e rispetto per il suo compagno di classe che, nonostante la giovane età, deve già assumersi diverse responsabilità per aiutare la sua famiglia.

Nel romanzo troviamo anche un personaggio che riflette proprio questi errori, ovvero la madre di Mizutani. Questo ci viene rivelato da egli stesso, quando confessa ai suoi amici di come la madre preferirebbe che frequentasse dei compagni di classe con genitori altolocati.

My mother is a little weird. Like she asks me why I’m not friends with Hori or Haneda. […] I wasn’t sure why. But then my sister told me it’s probably because Hori’s father is a famous government official. And then Haneda’s grandfather is a member of the house of Peers.”.9

– Ivi, p. 148-149

I due compagni di classe citati sono quelli che tormentavano Uragawa per il mestiere della sua famiglia e il loro stato sociale, un campanello di allarme lapalissiano di come dare priorità agli aspetti esteriori nello scegliere chi frequentare porti il più delle volte a commettere degli errori. Spostando nuovamente l’attenzione sul film di animazione, l’importanza dell’umiltà è forse anche riconducibile a un altro personaggio de Il ragazzo e l’airone. Stiamo parlando di Kiriko, che appare nel film sia in quanto domestica anziana della villa di famiglia che come pescatrice/tuttofare nel mondo fantastico che Mahito si troverà a esplorare. Seppur con diversi anni in meno sul groppone, Kiriko è facilmente riconoscibile anche mentre manovra una barca tutta sola semplicemente dai vestiti che indossa.

In una scena in particolare, Mahito dovrà aiutare Kiriko a macellare un pesce di enormi dimensioni e, mentre il ragazzo cerca di effettuare un primo taglio trasversale lungo l’enorme carcassa, finirà per sporcarsi tutto di sangue. Si potrebbe sbolognare questa scena con un semplice “si sta sporcando le mani”, ma bisogna anche considerare che cos’è il sangue per la cultura giapponese: un elemento di impurità (穢れ, “kegare”). Mahito, quindi, non solo sta scoprendo banalmente il valore del lavoro manuale, ma si rende impuro nel processo, proprio come ha dovuto dapprima compiere un gesto riprovevole per capirne l’entità e ripartire da esso.

E parlando di grandi pesci, Hayao Miyazaki ha fatto in modo trasportarci nel mezzo di un mare immenso, uno degli elementi che contraddistingue questo mondo misterioso che Mahito si troverà costretto a conoscere e ad affrontare per salvare Natsuko e il bambino che porta in grembo. Tornando nuovamente sul romanzo, a questo proposito, già a poche pagine dall’inizio siamo stati sorpresi e deliziati da come una delle prime lezioni interiorizzate da Copper abbia come punto di riferimento proprio l’oceano, e questo sicuramente non è un caso. Mentre Copper si trova con lo zio sul tetto di un grande magazzino di Tokyo in una giornata piovosa, improvvisamente inizia a concepire ciò che ha davanti a sé in modo diverso:

Yet, below them, without a shadow of a doubt, hundreds of thousands, maybe even millions of people were thinking their own thoughts, doing their own things, and living their lives. Yes, and those people, every morning, every evening, were rising and falling like the tides.

Copper felt as if he were drifting into a big whirlpool.10

– Ivi, p. 11

E proprio come Copper, anche Mahito, per iniziare il suo viaggio alla scoperta di se stesso, si ritroverà avvolto dalle correnti marine. Ma è arrivato il momento di affrontare probabilmente il punto di contatto più complesso di tutti: il rapporto tra lo zio di Copper e il prozio di Mahito.

L’instabilità della perfezione

For truly, just as you felt, individual people, one by one, are all single molecules in this wide world. We gather together to create the world, and what’s more, we are moved by the waves of the world and thereby brought to life. […] to see yourself as a single molecule within the wide world―that is by no means a small discovery.11

– Ivi, p. 18

Così lo zio di Copper riassume l’epifania del suo caro nipote in quel tardo pomeriggio, manifestando anche una soddisfazione genuina e intensa in quanto quest’ultimo ha dato prova di saper guardare la realtà da diversi punti di vista. Del rapporto tra lo zio e Copper ormai vi sarete fatti un’idea piuttosto chiara, e questo equilibrio rimarrà invariato per tutta la durata del romanzo: lo zio è un mentore e anche una cassa di risonanza in cui le esperienze di Copper vengono prese in esame e impiegate come trampolino per svariate riflessioni da mettere nero su bianco su un quadernetto, da dare in dono a suo nipote e custodire.

Ma chi è invece questo prozio di Mahito a cui abbiamo accennato? Per discuterne sarà necessario iniziare a svelare un po’ di più della trama, partendo dal principio. Tuttavia, è lecito anticipare come il rapporto tra i due sia obiettivamente più distaccato nonché profondamente diverso rispetto a zio e nipote del romanzo. Volendo anticipare una piccola considerazione, questo personaggio potrebbe rappresentare una deviazione estrema degli insegnamenti dello zio di Copper, il risultato di un principio parzialmente corretto nelle intenzioni ma che, nel tempo, ha finito per smarrire la strada e finire in un cul de sac metafisico.

Hayao Miyazaki durante una dimostrazione sindacale negli anni ’60, mentre lavorava come animatore presso la Toei.

Ma come ha fatto questo prozio a entrare in questo mondo e a porvisi come una figura tanto importante? Tutto ha principio con una grande esplosione e con l’apparizione, nei pressi della stessa villa in cui abita ora Mahito, di una strana struttura caduta dal cielo, che ha il potere di condurre a una dimensione diversa dalla nostra. A conoscenza di ciò, il prozio ha iniziato a investire tutto il suo tempo a studiare libri su libri per capire come entrarvi, al punto da perdere la ragione. Il fatto di investire se stessi in qualcosa che si sente proprio è uno dei punti toccati dallo zio di Copper, il quale sottolinea come i soli libri non siano sufficienti a sviluppare una propria personalità e riuscire a “compiersi” come persone. Citando il personaggio:

That is why I think the first, most basic step in these matters is to start with the moments for real feeling in your life, when your heart is truly moved, and to think about the meaning of those. The things that you feel most deeply, from the very bottom of your heart, will never deceive you in the slightest . […] you must make a habit of thinking honestly, with your own experience as a foundation […] if someone fakes this part, no matter what kind of great-sounding things they think or say, they are all lies in the end. […]

We hope more than anything that you will think great thoughts about the world and what it means to be human, and also that you will actually lead a great life in accordance with those thoughts.12

– Ivi, 48-49

Forse è stato proprio questo l’errore fondamentale del prozio: accumulare conoscenza senza però il sostegno di un vissuto personale a farne da contraltare, così che, col tempo, il suo concetto di mondo, la sua “reason” (come la chiameremmo se stessimo giocando a SMT: Nocturne13), si è rivelata solo una enorme stanza vuota. E non è probabilmente un caso che questo salone pieno di colonne, che ricorda i dipinti di Giorgio de Chirico per i colori scelti, sia proprio il teatro del primo incontro tra Mahito e il prozio. Stando alle loro conversazioni, pare che in questo mondo fantastico plasmato dal prozio non sia contemplata la possibilità dell’errore o di un cambio di rotta. E non passa giorno senza che questi si assicuri che l’equilibrio dei blocchi di varie forme, da cui dipende l’equilibrio stesso di quel mondo, non crolli inesorabilmente.

La forma stessa di questi blocchetti bianchi è degna di attenzione, in quanto appaiono incompatibili da un punto di vista strutturale (abbiamo infatti triangoli, sfere, quadrati eccetera), proprio come se lo zio stesse cercando di costruire una sua prospettiva cercando di unire pezzi di conoscenza grezza e non smussata dagli strumenti personali necessari a interpretarli.

Ed è proprio qui che risiede la profonda differenza tra prozio e pronipote. Mahito, infatti, è già un passo avanti rispetto a questa concezione del mondo artificiosa, in quanto ha capito che la sofferenza, gli errori e la colpa sono manifestazioni di instabilità solo in principio, ma, grazie alla volontà, divengono poi fondamenta insostituibili su cui costruire se stessi. Ben vengano quindi “il fuoco”, la guerra, le peripezie e la malattia del mondo reale con cui il prozio cerca di spaventare il ragazzo. Poiché senza di esse non si avrà idea di cosa siano la serenità, la pace, le soddisfazioni e il valore della salute nel futuro prossimo.

As we move through our lives as human beings, all of us, young and old, encounter sadness, hardship, and pain, each in our own way.

Of course, those are not things anyone ever wishes for. But it is thanks to sadness, hardship, and pain that we come to know what a true human being is. […] in this sense, it’s something that we should be grateful for, something we need.14

– Ivi, p. 231

L’errore e la colpa sono quindi ingredienti fondamentali dell’esistenza di ciascuno, e rifiutarli comporta automaticamente l’imprigionarsi in se stessi. E lo zio di Copper re-incalza su questo concetto citando Goethe, creando una proporzione meta-matematica tra l’errore e la verità, tra il sonno e il risveglio. E, in un certo senso, Mahito non ha forse messo alla prova se stesso in un grande sogno? Dall’altro lato, il prozio rifiuta l’errore, l’alternativa. Riflettendoci, durante la prima visione de Il ragazzo e l’airone si potrebbe essere tentati di inquadrare questa dimensione parallela come il luogo in cui si espletano sia la morte che la nascita degli umani a livello “spirituale”, ma se ciò fosse vero allora il gesto estremo di un certo personaggio, di cui discuteremo tra poco, avrebbe dovuto mettere a repentaglio diverse cose tra cui il ciclo delle nascite del mondo reale. Ma dal momento che Natsuko è incinta e ormai prossima al parto e la distruzione della “visione” del prozio non ha ripercussioni, ciò è da escludere. Più plausibile, invece, è il fatto che quel mondo misterioso e non privo di pericoli che Mahito decide di affrontare per salvare la sua nuova madre non sia altro che una manifestazione (meta)fisica, ma al tempo stesso astratta, di una coscienza deviata e molto lontana da ciò che lo zio e la madre di Copper nel romanzo si sono prefissati per il nipote.

Ma se non è stato il prozio di Mahito a dare il colpo di grazia al suo mondo ideale, allora chi? Ed è qui che rientra in gioco Katsuko, la sorella maggiore di Mizutani nel romanzo di Genzaburo Yoshino, che un pomeriggio confessa la sua profonda ammirazione per Napoleone Bonaparte. Anche ne Il ragazzo e l’airone è presente un personaggio che potremmo definire un capo e probabilmente anche un grande condottiero, ovvero colui che ha preso il comando dell’orda di parrocchetti che infestano il mondo creato a immagine del prozio di Mahito.

La definizione di grandezza

Una delle presenze che a un certo punto divengono particolarmente ingombranti ne Il ragazzo e l’airone è proprio quella dei parrocchetti, sempre più numerosi nel mondo magico tenuto in equilibrio a malapena dal prozio. Come dimostrato dal finale del film, essi provengono probabilmente dal mondo reale e sono entrati nella dimensione fantastica in un momento mai mostrato nel film, cambiando però forma nel processo e diventando, entro i limiti, di natura antropomorfa, moltiplicandosi nel tempo. Oltre a un paio di facili collegamenti con un mondo sempre più sovrappopolato da una specie in particolare e tutto ciò che questo comporta, ciò che forse rappresenta una strada meno battuta a riguardo è il parallelo con la figura dei “grandi uomini” affrontata da Genzaburo Yoshino nell’opera letteraria. Tra tutti questi parrocchetti, infatti, a un certo punto se ne innalza uno più forte e deciso degli altri, con tanto di divisa, mantello, spada e corona dorata. Queste le parole dello zio di Copper a proposito di tutti coloro che hanno segnato la storia dell’umanità:

The people that we call great or heroic are all of them extraordinary people. They have abilities that everyday people do not, and can accomplish things that everyday people can’t. Being extraordinary means that they all have something about them to make us bow down.

But more than humbling ourselves to these people, we must be bold enough to ask questions. Such as “What did they accomplish using these extraordinary abilities?” Or “Of what use are their extraordinary accomplishments?”

And with extraordinary abilities, isn’t it possible that one might just as easily accomplish extraordinarily bad things?15

– Ivi, p. 169

Gli insegnamenti dello zio sono quindi due: (1) non avere paura di esaminare con occhio critico l’operato di questi uomini straordinari; (2) un grande potenziale non deve necessariamente manifestarsi attraverso dei risvolti positivi. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, di come tutta questa discussione derivi dalla figura di Napoleone, che lo zio va a delineare nelle sue riflessioni come un uomo che dapprima fece grandi sforzi per rimettere in piedi la Francia e svilupparla su tutti i profili, ma che dal momento in cui iniziò ad agire esclusivamente per affermare il proprio potere inaugurò altresì il cammino che lo avrebbe portato via via all’esilio finale. Ed è proprio qui che torna la figura di Niccolò Copernico, da cui deriva il soprannome del protagonista del romanzo Honda Jun’ichi “Copper”, con un insegnamento: l’importanza di riuscire ad adottare il più possibile una prospettiva che non metta al centro noi stessi, ovvero copernicana.

Partendo da questi elementi è quasi divertente, oltre che utile, immaginare questo capo dei parrocchetti che, piano piano, impara a conoscere e a sfruttare le proprie abilità straordinarie per organizzare il popolo sotto il suo comando, garantendo uno sviluppo e un’organizzazione nuova della loro società (proprio come Napoleone). Anche ne Il ragazzo e l’airone esso a un certo punto inizierà a pretendere sempre di più, fino alla disfatta finale. Lo zio di Copper prosegue con alcuni cenni storici, non dimenticando di ricordare di come il Giappone stesso durante la restaurazione Meiji si fosse affidato al Codice napoleonico per rinnovarsi dal punto di vista legislativo.

In this way, Napoleon was useful to the world. He helped introduce the new era that would replace the feudal era, and he took advantage of this progress to reap one brilliant success after another. But in due course, as he became emperor, he turned to the exercise of power for its own sake.16

– Ivi, p. 174

Tra i gesti testimoni di questo cambio di rotta di Napoleone, lo zio cita il divieto di commercio con la Gran Bretagna e la successiva campagna di Russia, in cui le centinaia di migliaia di soldati mandati da tutta Europa, stando alle sue parole, non combattevano per difendere il proprio Paese o per un principio, ma come un semplice sacrificio all’ambizione dell’imperatore. A questo proposito, è evidente come lo zio di Copper semplifichi parecchio il percorso di Napoleone Bonaparte, ma è anche un approccio comprensibile: il suo obiettivo è semplicemente quello di creare una parabola per il nipote Copper che, probabilmente, un domani approfondirà la questione per conto proprio. Ad ogni modo, il punto resta: un grande potenziale e una grande volontà hanno molti modi di esprimersi a livello qualitativo.

Anche il re dei parrocchetti de Il ragazzo e l’Airone è colpito da un cambio di rotta simile, tanto da arrivare ad arrogarsi un diritto in un gesto improvviso quanto goffo. Proprio quando il prozio sta per dare la possibilità a Mahito di creare un nuovo equilibrio del mondo magico, il capo dei parrocchetti lo rompe prima che sia possibile costruirlo, impilando i blocchetti alla bell’e meglio con dei risultati prevedibili e disastrosi. La metafora di Miyazaki e Yoshino è evidente: in un eccesso di superbia e ambizione, il leader dei parrocchetti ha cercato di ricostruire la realtà a sua misura, perdendo ciò che aveva conquistato fino a quel momento. E che dire di quell’enorme roccia che si staglia all’orizzonte minacciosa, arida e priva di vegetazione? Gli spunti di questo film sono troppi per includerli in un solo articolo; torniamo quindi al punto che stavamo affrontando.

La vera distruzione della dimensione in cui si trova Mahito, violenta e irrefrenabile, sopraggiunge a fil di spada, quando ormai in preda alla frustrazione il re dei parrocchetti fa a pezzi le forme da lui impilate appena un attimo prima, decretando la fine del mondo del prozio e costringendo tutti a una a fuga a rotta di collo.

Ci siamo dilungati davvero tanto sui quattro punti in comune tra il romanzo e il film; vediamo quindi di concludere il pezzo con un paio di considerazioni riguardo l’ultima opera di Hayao Miyazaki.

L’airone dimenticato

È alquanto bizzarro essere arrivati fino a qui e avere citato la parola “airone” (鷺, “sagi”) solo per richiamare il titolo italiano del film di tanto in tanto, soprattutto considerando che è grazie a questo personaggio se Mahito riesce ad accedere a quel mondo nuovo così vicino alla sua nuova casa. E anche in questo caso ci viene in aiuto la cultura giapponese. L’airone cinerino infatti, rispetto alle altre varianti solitamente legate a migliori auspici, è visto come un essere legato al concetto della morte e dell’aldilà. Probabilmente è per questo che la sua manifestazione nel film di animazione compie diversi tentativi di portare Mahito nel mondo magico del prozio, promettendogli di poter rivedere la madre che ha perso da poco. Nell’antica arte del teatro  è presente un’opera intitolata proprio Sagi, ed è interessante notare come il ruolo degli aironi sia interpretato da bambini o da attori anziani, in quanto vicini ai limiti estremi dell’esistenza.

Tra l’altro, l’airone del film dovrebbe essere tecnicamente la proiezione del produttore dello Studio Ghibli Toshio Suzuki (come confessato da lui stesso nella prefazione del libro illustrato Hayao Miyazaki17), mentre il compianto Isao Takahata si troverebbe nei panni del prozio e Miyazaki in quelli del protagonista Mahito. Questo concetto iniziale subì però delle revisioni proprio dopo la dipartita di Takahata nell’aprile del 2018. In ogni caso, proiettare la trasposizione delle relazioni professionali e personali tra questi tre distinti giapponesi per provare a cavare un paio di ragni in più dal buco sarebbe probabilmente un’operazione poco fruttuosa e impraticabile, in quanto troppo legata a una sfera intima e inaccessibile a noi meri spettatori. Forse sarebbe stato bello avere un film in cui i tre riflettono su vari temi, magari davanti a del di cibo o a un caffè. Una specie di My Dinner with Andre (Louis Malle, 1981) in salsa Ghibli, per intenderci.

Ma quindi che cosa si potrebbe dire della figura dell’airone nel film? Bella domanda. L’averlo reso quasi un co-protagonista nella titolazione italiana e inglese potrebbe essere quasi fuorviante. Non si può negare che abbia un ruolo in momenti chiave del film (soprattutto all’inizio), ma ci è difficile andare oltre i richiami culturali e poco altro. La palla a voi al riguardo.

Liminalität

Tra gli elementi che sicuramente saltano all’occhio nel mondo magico del prozio di Mahito, vi è l’accostamento costante di immagini di morte e di vita. Il primo luogo visitato da Mahito è infatti un’isola su cui è presente un cancello dorato che porta verso un bosco di cipressi che richiama in maniera molto chiara il celebre quadro del pittore svizzero Arnold Böcklin L’isola dei morti (o sarebbe meglio dire “i quadri”, in quanto ne sono state realizzate cinque versioni). Quest’opera è anche richiamata nel videogioco survival horror Signalis18, che consigliamo caldamente e che abbiamo deciso di omaggiare con la parola tedesca per “liminalità” (vedi nota). E in fondo è proprio questa la parola perfetta per definire la prima area che ci mostra Miyazaki di questo mondo fantastico: un mare infinito, in cui la morte e la vita convivono vicinissimi.

Die Toteninsel, titolo originale del quadro di Arnold Böcklin come mostrato all’interno del videogioco dei rose-engine Signalis.

Gli stessi cipressi sono anche presenti anche sulla nave che fa da dimora a Kiriko e, sempre in questo luogo, vivono delle creaturine che potrebbero ricordare vagamente i kodama presenti nel film dello Studio Ghibli Principessa Mononoke (もののけ姫, “Mononoke hime”, 1997), ovvero i warawara. Essi rappresentano i futuri bambini pronti a nascere nel mondo in cui viviamo, che visti da lontano e in gruppo ricordano quasi delle particelle d’acqua (un chiaro richiamo alla riflessione di Copper discussa in precedenza). Questi esserini, inoltre, incorporano la sovrapposizione accennata poco fa, in quanto per riuscire a volare devono nutrirsi di interiora di pesce e quindi di un cibo che comporta la dipartita di un altro essere vivente (oltre ad essere per definizione un elemento impuro).

Un altro elemento da cui potrebbero scaturire diverse chiavi di lettura è come l’ossessione del prozio di Mahito nasca da una grande esplosione, che richiama inevitabilmente quella delle bombe atomiche che avrebbero colpito il Giappone nel giro di qualche anno ponendo fine al secondo conflitto mondiale. Questa enorme deflagrazione lascerà al suo posto una struttura singolare già accennata diverse righe fa, attorno a cui il prozio non tarderà a costruire un edificio in modo da circondarla completamente. E non è proprio questo ciò che hanno fatto diversi artisti, mangaka e registi giapponesi ogniqualvolta si sono rifatti a quell’evento storico e traumatico? Pescare da quelle esplosioni per provare a costruire il bello, divenendone anche talvolta ossessionati. Il fatto di costruirci attorno qualcosa potrebbe essere anche interpretato come una volontà di interiorizzare quell’evento, ma anche forse di incorrere nel rischio di commettere gli stessi errori del passato.

I warawara sono la sintesi ideale di questo concetto di liminalità. Si trovano nel mondo magico in questa forma paffuta e minimale, ma pronti a diventare nuovi bambini non appena riusciranno a raggiungere il nostro mondo volando.

Questa struttura sconosciuta e piombata dal cielo, con le sue aperture verso un mondo nuovo, è stata anche forse lo squarcio brutale che mostrò al Giappone una tecnologia e una forza distruttiva che mai si sarebbe potuta immaginare. Se si sovrapponesse Hayao Miyazaki alla figura del prozio, la torre potrebbe essere la sua immaginazione proiettata verso infiniti mondi fantastici, ma sempre e comunque ancorati e legati alla nostra realtà e alle sue contraddizioni a cui il regista nipponico è particolarmente affezionato. E si potrebbe continuare ancora per molto.

E invece, visto che si parla del fuoco, è arrivato il momento di parlare della scena che più ci ha impressionato de Il ragazzo e l’airone. Si tratta del primissimo evento mostrato nel film, ovvero la notte in cui Tokyo viene bombardata e in cui Mahito perderà la madre Hisako nell’incendio dell’ospedale dove è ricoverata. Il modo in cui Mahito sale rapidamente le scale di casa usando mani e piedi non può non ricordare le movenze delle due sorelle protagoniste di Il mio vicino Totoro (となりのトトロ, “Tonari no Totoro”, 1988) quando partono all’esplorazione della casa nuova. E non appena Mahito si precipita in strada nel caos, tra una folla spaventata e vigili del fuoco che tentano il tutto e per tutto, si ha come l’impressione che ciò che viene mostrato sia presente e ricordo al tempo stesso; che quei contorni sfumati non siano semplicemente stati realizzati per restituire l’idea di un susseguirsi di azioni dettate dalla frenesia e dall’urgenza; che quella sfilata di volti che paiono quasi fantasmi fra le fiamme e il fumo siano stati imbevuti anche dei ricordi che lo stesso Hayao Miyazaki ha acquisito quando, ad appena quattro anni, ha assistito ai bombardamenti in prima persona e indubbiamente ancora conserva nitidi. Per questo l’abbiamo percepita come una scena potente, in quanto arricchita da diversi filtri personali che hanno influenzato direttamente l’effetto grafico del risultato finale senza intaccarne però la chiarezza.

In un certo senso, questa scena è un po’ il sunto di tutto il film a livello stilistico: un’opera in cui i lavori passati del regista e animatore tornano più e più volte, sia come messaggi che come mero orpello visivo: il formaggio o burro spalmato sul pane in un certo modo modo; la zazzera di una collina spazzata dal vento su un cielo stellato; una cura degli sfondi maniacale, in cui non esiste un solo luogo che sembri finto e non vissuto (ad eccezione, non a caso, di quelli intimamente legati al prozio).

Tutto questo a qualcuno potrebbe far piacere, a qualcun altro meno e per motivi diversi, così come il registro e il modo di veicolare i messaggi. Ma quello che sicuramente non si può negare è che in questo articolo sterminato non abbiamo approfondito a dovere anche dei personaggi abbastanza importanti e, tuttavia, siamo riusciti comunque a toccare quei punti che ci interessavano senza dare l’impressione di descrivere un’opera incompleta. Questo perché Il ragazzo e l’airone è talmente ricco di spunti che, se davvero dovessimo affrontarli tutti, dando sfogo a tutte le idee che ci sono saltate in mente anche solo dopo una prima visione, ci vorrebbero come minimo altre diverse migliaia di parole.

Vi lasciamo con un’ultimissima citazione dal romanzo di Genzaburo Yoshino, un momento in cui lo zio di Copper parla della rete legata alla produzione di certi beni che può coprire anche migliaia e migliaia di chilometri, coinvolgendo persone che non si conosceranno mai. E tuttavia, senza volerlo, forse Yoshino ha anche anticipato un altro tipo rete, col senno di poi.

You can honestly say that people have created a net that completely encircles the world and all of humanity, but you can’t say that those connections have led to relationships that are very human at all. While the human race has progressed, conflict between human beings has continued.19

– Ivi, p. 89

LR


NOTE:

1 Come affrontato nell’articolo linkato, il termine katamari (塊) deriva dal videogioco ideato da Keita Takahashi e pubblicato da Namco nel 2004. L’idea è di una sfera enorme composta da tutta la poetica, le figure e i temi ricorrenti del regista che rotola imperterrita, pronta a scontrarsi con quella composta dalla sensibilità, dal gusto e molto altro del pubblico. Ancora confusi? Se volete saperne di più, cercate “katamari” nell’articolo linkato!
 
2 Un bel numero di queste interviste e interventi sono stati raccolti in due libri pubblicati in lingua inglese: Starting Point 1979-1996 e Turning Point 1997-2008, pubblicati entrambi da VIZ Media LLC rispettivamente nel 1996 e nel 2008.
 
3 Penso che prima o poi si dovrà arrivare a un punto in cui tutte le persone del mondo tratteranno il prossimo come se fossero dei buoni amici. Considerando tutti i progressi che abbiamo fatto, credo che potremo finalmente riuscire a raggiungere anche questo traguardo. E credo di voler diventare una persona in grado di aiutare a fare in modo che accada. (traduzione di chi scrive)
 
4 Il soprannome di Honda Jun’ichi deriva da Niccolò Copernico, protagonista di una delle prime riflessioni del romanzo. Lo zio di Copper infatti userà questo notissimo studioso per delineare un concepimento della realtà universale e che non mette al centro la propria prospettiva personale.
 
5 Fino ad appena un attimo fa, erano stati i suoi amici più cari nel mondo intero. Ma ora aveva la sensazione che si stessero facendo sempre più lontani, quasi dei perfetti sconosciuti che non gli avrebbero più offerto il loro affetto. Era come se fosse precipitato giù per un burrone buio, completamente abbandonato e solo in fondo a un precipizio da cui era impossibile risalire. Che cosa aveva fatto? Una sciocchezza a cui non poteva rimediare! (traduzione di chi scrive)
 
6 Nei primi tre giorni Copper rimase in balia al dolore alla confusione dall’alba fino al tramontare del sole, con una febbrone sempre intorno ai 40°. Ma grazie alle cure instancabili di sua madre, che si susseguivano giorno e notte, il quarto giorno la febbre iniziò a calare, e i dolori e gli acciacchi non tardarono a fare lo stesso. (traduzione di chi scrive)
 
7 […] se i tuoi rimorsi ti permettono di imparare una lezione fondamentale sulla tua vita in quanto essere umano, allora quest’esperienza ti sarà tutto fuorché inutile. Grazie a essi, la tua vita sarà migliore e più forte di prima in seguito. È l’unica maniera per diventare una persona grande, Jun’ichi. […] Mentre Copper ascoltava sua madre, la sua incominciò ad annebbiarsi. […] Sua madre sapeva tutto, e tuttavia aveva la sua [di lei] storia senza fare menzione di ciò che lo turbava! […] Copper provò con tutte le sue forze a trattenere le lacrime, ma finirono comunque per sgorgare e a cadere. (traduzione di chi scrive)
 
8 […] questo non significa che sia accettabile non tenere in considerazione gli spiriti fragili di coloro che si trovano nella povertà. […] fino a quando non l’avrai vissuta sulla tua pelle e non ne avrai saggiato l’amaro sapore, e riuscendo comunque a fronteggiare il mondo ancora e ancora senza perdere la fiducia in te stesso, non è un lusso che potrai permetterti. […] semmai dovessi cominciare a provare orgoglio per le condizioni agiate della tua famiglia e a sentirti superiore nei confronti di coloro che sono meno fortunati, allora animi ben più saggi avranno ben ragione di ridere di te. (traduzione di chi scrive)
 
9 Mia madre è un po’ strana. A volte mi chiede come mai non sono amico di Hori e Haneda […] non riuscivo proprio a capirne il motivo. Poi però mia sorella mi ha detto che probabilmente è perché il padre di Hori è un famoso ufficiale governativo. Il nonno di Haneda, invece, è un membro della Camera dei consiglieri. (traduzione di chi scrive)
 
10 E tuttavia, senza ombra di dubbio, centinaia di migliaia, se non milioni, di persone in quel momento erano in preda dei loro pensieri, presi dalle loro faccende e stavano vivendo le loro vite. Proprio così, e quelle persone, tutte le mattine e tutte le sere si alzavano per poi ritirarsi come le maree. Copper aveva come la sensazione di stare scivolando in un gorgo. (traduzione di chi scrive)
 
11 Ed è esattamente come pensi, poiché tutte le persone non sono che singole molecole in questo mondo vasto. Noi ci riuniamo tutti insieme per crearlo e, inoltre, siamo mossi dalle onde dello stesso e quindi portati alla vita. […] percepirti come una singola molecola in un mondo sterminato è lungi dall’essere una scoperta di poco conto. (traduzione di chi scrive)
 
12 Ed è proprio per questo che il primo passo fondamentale al riguardo è concentrarsi su quei momenti in cui hai percepito qualcosa di forte nella tua vita, quando il tuo cuore è stato davvero scosso, e riflettere sul loro significato. Tutto ciò che vivi con particolare intensità, dal più profondo del cuore, non ti tradirà mai nel modo più assoluto. […] Devi prendere l’abitudine a pensare onestamente, impiegando la tua esperienza personale come fondamento. […] non importa quanto grandi possano sembrare le cose che qualcuno pensa o dice, poiché se non saranno stati onesti con se stessi non potranno che offrire delle menzogne. […] Ci auguriamo [lo zio e la madre di Copper] che serberai pensieri degni di tale nome e che capirai cosa implica agire come essere umano, che condurrai una vita ammirevole e in accordo con essi. (traduzione di chi scrive)
 
13 Shin Megami Tensei: Nocturne (Atlus, 2003-2004, PlayStation 2). Il titolo poi è stato anche ripubblicato in versione HD nel 2020 su Nintendo Switch, PlayStation 4 e Steam.
 
14 Tutti noi, mentre proseguiamo nel percorso delle nostre vite in quanto esseri umani, ci troviamo ad affrontare la tristezza, le difficoltà e il dolore, ciascuno in modo diverso. È naturale che nessuno augurerebbe queste cose, ma è proprio grazie ad esse che impariamo che cos’è un vero essere umano. […] Ed è per questo motivo che sono cose per cui dovremmo essere grati, poiché ne abbiamo bisogno. (traduzione di chi scrive)
 
15 Coloro che definiamo grandi o eroici sono tutte persone straordinarie. Possiedono abilità di cui la gente comune è sprovvista, e possono compiere imprese al di là della portata delle stesse. Il fatto di essere straordinari comporta il fatto di vantare un qualcosa che ci fa inchinare al loro cospetto. E tuttavia non dovremmo limitarci a questo, ma essere coraggiosi abbastanza da porre delle domande. “Che cosa hanno raggiunto grazie alle loro abilità?”, oppure “come possono essere utili le loro conquiste?”. E una volta dotati di abilità straordinarie, non è forse possibile compiere con altrettanta facilità delle imprese straordinariamente discutibili? (traduzione di chi scrive)
 
16 In questo modo, Napoleone si dimostrò utile al mondo intero. Diede il suo contributo per avviare una nuova era che avrebbe sostituito quella feudale, e fece in modo di sfruttare questo progresso per conquistare un successo dopo l’altro. Poi però, col tempo, una volta divenuto imperatore, iniziò ad esercitare il potere solo per se stesso. (traduzione di chi scrive)
 
17 Jessica Niebel, DelMonico Books/D.A.P., 2021.
 
18 Signalis, rose-engine, Humble Games, Playism, 2022 (Windows, Nintendo Switch, PlayStation 4, Xbox One). La parola tedesca “liminalität” dà il nome al secondo capitolo del gioco.

19 Si può sostenere tranquillamente che le persone abbiano creato una rete che percorre tutto il mondo e l’intera umanità. E tuttavia, non si può altresì sostenere che queste connessioni abbiano portato a relazioni che si potrebbero definire umane. Mentre la specie umana si è avvalsa del progresso, i conflitti tra gli esseri umani non hanno cessato di esistere. (traduzione di chi scrive)


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