Da Pecoranera a Tassofrasso: Harry Potter e le magie della traduzione
Lumos! Sentite nell’aria un po’ di magia? È perché oggi torniamo a parlare del maghetto più amato dai lettori di tutto il mondo. Ma non preoccupatevi, non vogliamo ammorbarvi con l’ennesimo elogio alla saga di Harry Potter, né tantomeno azzardare l’ennesima teoria su tematiche e analogie presenti nel mondo creato da J. K. Rowling. Quello che faremo oggi è un viaggio attraverso le parole, le lingue e le culture. Ovvero, parleremo della traduzione – o meglio, delle traduzioni italiane della saga di Harry Potter, dei come e dei perché. Quindi sì, forse riusciremo finalmente ad avere le idee un po’ più chiare sul perché Tassorosso sia diventato Tassofrasso, l’originaria Pecoranera si sia poi trasformata in un corvo e chissà, magari riusciremo a farvi cambiare idea su quale possa essere (o meno) la miglior translation choice1.
Bacchette in posizione, si parte!
Harry Potter in Italia: traduzione e ritraduzione
Tradurre un romanzo fantasy non è mai semplice, data la spesso enorme quantità di neologismi e nomi parlanti. Tradurre una saga lo è ancora meno: e se più avanti venissero fuori dei dettagli che, a saperli prima, avemmo optato per tutt’altra strategia? Tradurre un bestseller e dover far fronte alla trepidazione di un pubblico spesso poco paziente, e alle conseguenti traduzioni amatoriali online che spuntano come funghi, mette addosso una pressione particolare.
E il caso di Harry Potter porta con sé tutte queste caratteristiche, più molte altre peculiarità che hanno condotto la casa editrice Salani, nel lontano 1998, a trovarsi di fronte a tempi ristretti e un testo complesso, due fattori che difficilmente vanno d’accordo, specie se dietro le quinte troviamo le costanti pressioni di un pubblico sempre più “affamato”.
(Quasi) tutte le edizioni italiane di Harry Potter.
Ecco allora che, tra un susseguirsi di scelte diverse e differenti traduttori, il risultato finale, per quanto nostalgicamente lo consideriamo spesso perfetto, non è carente di sviste ed errori.
Così, proprio quando ormai ci eravamo abituati ai Tassorosso e al Platano Picchiatore, nel 2011 Salani decise che era giunto il momento di riparare ai danni fatti, mettendosi all’opera per la ritraduzione di una delle saghe ormai più amate al mondo, e proprio per questo andando incontro a non pochi rischi: come avrebbero preso questa decisione i lettori ormai affezionati alla saga, così tanto da essere passati sopra anche agli errori più gravi? Sappiamo poi com’è andata: le critiche non sono mancate e molti fan sono tutt’oggi attivi nella polemica contro la ritraduzione della saga.
Dopo le dovute premesse, è giunto il momento di avventurarci nel testo e nella lingua del magico mondo di Hogwarts! Vediamo allora quali sono le peculiarità che hanno posto particolari difficoltà traduttive, dando origine a malintesi e ai conseguenti errori.
Nomi parlanti, tra serpenti e bastoni
Abbiamo già parlato dei nomi parlanti su Pop-Eye e, come ogni romanzo fantasy che si rispetti, la saga di Harry Potter ne è piena. Ma facciamo un breve ripasso: vengono definiti parlanti, in letteratura, quei nomi che descrivono o suggeriscono le caratteristiche, fisiche o caratteriali, di un personaggio. La loro funzione primaria è quindi quella di dare espressività al testo. Pensiamo a Sirius Black, Severus Snape, Draco Malfoy: anche se non avessimo mai letto i libri o visto i film, solo leggendo i loro nomi potremmo farci una certa idea del personaggio. Insomma, Severus e Draco non esprimono certo particolare gioia e serenità, così come Black non ci fa certo pensare alla luce.
Oliver Wood/Baston e Severus Snape/Piton: sono nomi parlanti.
Ma i nomi parlanti, in quale lingua parlano? Per capire cosa intendiamo, prendiamo un esempio specifico: quello di Oliver Wood, capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro. Il termine inglese wood, traducibile in italiano come legno, fa ovviamente riferimento alle mazze usate nello sport dei maghi. Ecco allora che Oliver Wood diventa un nome parlante, e immediatamente associamo il personaggio allo sport che pratica.
Ma cosa accade quando un lettore non anglofono, magari un bambino che in inglese per ora sa solo i colori e qualche numero, legge questo nome? Succede che il significato di wood non è conosciuto, il nome proprio manca della sua connotazione di parlante e si viene a perdere in espressività. A volte, anche in comprensione. Motivo per cui, nella prima traduzione abbiamo letto Oliver Baston e Susan Bones è diventata Susan Hossas: si tratta di una scelta traduttiva chiamata domesticazione, che consiste nell’operare scelte linguistiche che avvicinino il testo alla cultura di arrivo. Nel nostro caso specifico, un nome inglese è stato sostituito con un nome che suonasse inglese, ma nascondesse una parola di facile comprensione (e associazione) per i lettori italiani.
La ritraduzione nel 2011 ha optato per la strategia opposta, quella di straniamento, volendo avvicinare il lettore alla cultura della lingua originale. Ecco allora che la maggior parte dei personaggi hanno riacquistato i propri nomi originali, quali Colin Crevey e Argus Filch, precedentemente tradotti come Colin Canon e Argus Gazza. Una scelta azzeccata per i lettori con un livello medio di inglese, o curiosi di andare a cercare significati in ogni dove, ma che forse perde un po’ di significato per una grande fetta di pubblico. Perché si sa, nel nostro paese ci sono ancora molti passi da fare in ambito di educazione linguistica2, e non possiamo dare per scontato che tutti, dai bambini agli anziani, possiedano una conoscenza base della lingua inglese, figuriamoci della relativa cultura.
Un altro tipo di scelta traduttiva adottata per alcuni nomi propri è quello della chiarificazione: nomi originariamente non parlanti sono stati resi parlanti, con l’intento di caratterizzare meglio determinati personaggi che, altrimenti, sarebbero forse rimasti un po’ troppo sullo sfondo. È il caso della professoressa Minerva McGonagall, tradotta in italiano come Minerva McGranitt fino alla ritraduzione, dove ha riacquistato il suo cognome originario.
Secondo la traduttrice Serena Daniele, la professoressa di Trasfigurazione nonché vicepreside di Hogwarts emana un’aria severa, una durezza che ricorda quella del granito, da cui appunto McGranitt. Il limite di questa scelta, si pensa, è quello di ingabbiare un personaggio dalle mille sfaccettature, e che evolverà nel corso della saga, alle caratteristiche di una “macchietta”.
Da Minerva McGonagall a McGranitt: un esempio di chiarificazione.
I nomi delle Case: da Pecoranera a Tassofrasso
Veniamo a una delle questioni più discusse: i nomi delle quattro case di Hogwarts, in lingua originale Gryffindor, Slytherin, Ravenclaw e Hufflepuff. Come risaputo, si tratta dei cognomi dei quattro fondatori delle case, a cui ogni studente di Hogwarts viene assegnato in base alle proprie caratteristiche e personalità. Anche qui, si tratta di nomi parlanti. In Slytherin finiscono quegli studenti in cui predominano astuzia e furbizia: il nome mette insieme il verbo to slither (strisciare, muoversi sinuosamente come un serpente) e l’aggettivo sly (astuto, furbo). Non solo: anche i direttori delle case possiedono nomi che ben si associano alle relative caratteristiche. Serpeverde è infatti diretta da Severus Snape, il cui cognome rimanda indubbiamente la parola snake (serpente), simbolo dello stemma di Serpeverde, oltre ad essere un nome fortemente allitterativo. La prima traduzione italiana ha infatti voluto esprimere al meglio questa sua natura “serprentina”, attraverso il cognome Piton.
Per quanto riguarda i nomi delle case, le due traduzioni italiane su una cosa sono d’accordo: non potevano essere lasciati in lingua originale, rischiando di perdere troppe connotazioni e legami. È stata quindi fatta una scelta domesticante, basata sul metro linguistico e sull’assonanza allo scopo di creare un ambito di fiabesco quotidiano, e con un curioso riferimento alle contrade senesi con i loro animali-simbolo. Ecco allora che sono nati Grifondoro, Serpeverde, Corvonero e Tassorosso.
Le quattro Case di Hogwarts e i relativi stemmi
In realtà, la casa più intelligente di Hogwarts è stata inizialmente tradotta – in modo piuttosto contraddittorio – come Pecoranera, il che rimanda a un significato opposto rispetto a quello voluto dall’autrice, o aggiunge una connotazione umoristica non necessaria e non voluta nel testo originale. A partire dalle ristampe del 2000, l’errore è stato corretto ed è stato dato alla casa il nome con cui noi tutti oggi la conosciamo, Corvonero.
Ma un’altra casa ha subito un cambio di nome con la ritraduzione del 2011, dando origine a una serie di discussioni (perlopiù in negativo) riguardo alla tale scelta: Tassorosso è diventato Tassofrasso. Viene così perso il tema cromatico (assente nell’opera originale) che aveva caratterizzato tutte le case nella prima traduzione, secondo Bartezzaghi non essenziale e soprattutto contraddittorio: solo Serpeverde rispetta effettivamente la connotazione nome-colore, ma Grifondoro è rosso e Corvonero è blu: di rosso in Tassorosso non c’è proprio nulla. Tuttavia, è opportuno chiedersi se il cambiamento fosse davvero necessario. Insomma, c’è tra noi qualcuno che chiama davvero la casa dei gentili e degli onesti Tassofrasso?
Stati di sangue e malintesi
Parliamo ora di un vero e proprio orrore di traduzione, ovvero di come la prima edizione italiana della saga abbia mischiato due termini relativi allo stato di sangue, creando non pochi problemi e malintesi. I maghi non sono tutti uguali: così come la società umana viene suddivisa in classi sociali, i maghi misurano la loro “importanza” nella società in base al proprio stato di sangue. Abbiamo quindi i cosiddetti Pureblood, discendenti di soli maghi e tra i cui antenati non figurano babbani; gli Half-Blood, con famiglie composte sia da maghi che da babbani (come il protagonista Harry, i cui parenti da parte di madre sono babbani) e i Muggleborn, nati da una famiglia di esseri umani, spesso discriminati e spregiativamente chiamati Mudblood, letteralmente “sangue di fango”.
Ecco, la prima traduzione chiama Half-Blood e Mudblood allo stesso modo: Mezzosangue, creando una confusione crescente man mano che la saga procede e i due termini acquisiscono sempre più importanza. L’errore è stato mantenuto anche nella trasposizione cinematografica, così che molti di noi sono rimasti allibiti nell’udire Severus Piton affermare orgogliosamente di essere il Principe Mezzosangue, quando nel terzo capitolo della saga il termine era chiaramente considerato un tabù, usato da Draco Malfoy contro Hermione al fine di disprezzare il suo “sangue sporco”.
Fortunatamente la ritraduzione di Bartezzaghi ripara al tremendo errore, con l’introduzione del termine Sanguemarcio, che ben rende l’idea di disprezzo e discriminazione proprie di chi lo usa.
Finalmente, come afferma Ilaria Katerinov,
Mudblood: inizialmente tradotto come Mezzosangue, per poi diventare Sanguemarcio
Sparita l’equivalenza errata tra “Mezzosangue” e “Nato Babbano”, ora anche il lettore italiano può cogliere appieno il gioco sottile e malinconico con cui la Rowling instaura un parallelismo tra il mondo per nulla idilliaco in cui vivono i suoi maghi e le pagine più tragiche della violenza razzista perpetrata nella storia di noi “Babbani”.
Lucchetti Babbani e Medaglioni Magici, pag. 201
Hagrid e il dialetto veneto
Affrontate le questioni più insidiose e più curiose relative ai nomi propri e alla loro traduzione, vogliamo infine addentrarci in un altro aspetto della lingua che pone non poche difficoltà a chi di mestiere traduce: quello dei dialetti e degli slang, di cui già abbiamo parlato altrove. Nello specifico, tratteremo il caso di Hagrid, custode delle chiavi e dei luoghi di Hogwarts. Prima di poter fare ciò, riteniamo però necessario accennare alle strategie traduttive tipicamente utilizzate di fronte a un dialetto, a un gergo o a uno slang.
Quella delle varietà linguistiche, nell’ambito dei Translation Studies, è una problematica specifica all’interno dei riferimenti culturali. Dai vari studi sul caso, possiamo ricavare quattro grandi scuole di pensiero o strategie statisticamente più utilizzate dai traduttori per far fronte al problema del dialetto:
- Tradurre dialetto per dialetto: un approccio prettamente linguistico;
- Standardizzare il dialetto: ovvero neutralizzare i dialettalismi e scegliere una lingua standard;
- Tradurre il dialetto geografico per il dialetto sociale o lingua colloquiale: questo ha come obiettivo quello di sottolineare una certa differenza con la lingua standard, senza però rimandare ad un preciso contesto geografico. Si tratta di quella che viene comunemente definita opzione interdialettale, che nella pratica traduttrice è attualmente la più usata.
- Creare una nuova lingua al fine di mantenere l’esoticità del testo, creando quindi un effetto di straniamento.
Serena Daniele, curatrice dei romanzi della saga di Harry Potter per Salani, scrive nella nota anteposta al testo delle prime edizioni che
Per il personaggio di Rubeus Hagrid, custode delle Chiavi e dei Luoghi a Hogwarts, che nell’originale inglese parla in modo palesemente sgrammaticato, si è pensato di rendere questa sua caratterizzazione con un italiano altrettanto sgrammaticato.
Serena Daniele, nota alla traduzione italiana
Quello di Hagrid, nella lingua originale, non è in realtà un inglese propriamente sgrammaticato, quanto più quello che alcuni chiamerebbero English with an accent, ovvero marcato da un forte accento: quello di Bristol, proprio il luogo in cui è nata l’autrice della saga. L’accento viene reso graficamente tramite l’elisione di alcune consonanti, e a volte dell’intero soggetto, e una diversa ortografia rispetto a quella normativa per alcune parole.
You diventa quindi yeh, just perde la t e rimane solo jus’, così come didn’t/didn’. Questo per donare al personaggio un accento ruvido e una parlata aspra che, combinati al suo aspetto imponente e trasandato, non riescono infine a nascondere la profonda sensibilità e bontà d’animo di Hagrid.
Ok, ora immaginate Hagrid che parla in dialetto veneto.
Nella traduzione italiana, l’accento di Bristol si trasforma in un italiano standard ma, appunto, sgrammaticato, senza congiuntivi. Sicuramente non è la scelta peggiore: sentire Hagrid che parla in dialetto veneto o in napoletano sarebbe sicuramente stato molto più imbarazzante. Ma la scelta migliore sarebbe forse stata quella che più spesso si usa in traduzione: la negoziazione. Ovvero, lasciar perdere la questione dell’accento, ma imitare l’originale con il troncamento di qualche sillaba qua e là, e al massimo qualche parola un po’ storpiata.
E a te che sei rimasto con Harry fin proprio alla fine…3
Prima di concludere, siamo curiosi di porre una domanda ai fan della saga: avete rivalutato una o l’altra traduzione, dopo la lettura di questo articolo?
Abbiamo potuto vedere alcune delle peculiarità di un testo che è molto più complesso di quanto appaia, ma abbiamo solo toccato la punta dell’iceberg. Non abbiamo ad esempio accennato a tutta la questione delle frasi idiomatiche, dei doppi sensi e degli anagrammi, così come non abbiamo approfondito la questione dei neologismi, dei falsi amici, dell’ulteriore differenza tra edizione inglese ed edizione americana. L’universo creato da J. K. Rowling è ricco e complesso non solo nel suo worldbuilding, ma anche da un punto di vista linguistico. Potremmo stare ore a parlare del gioco di parole tra Uranus e your anus, quasi impossibile da rendere in italiano, o del fatto che i Deathly Hallows non siano tanto doni quanto reliquie.
Ma per ora ci fermiamo qui, lasciando ai nostri lettori il piacere, se lo desiderano, di approfondire ulteriormente le innumerevoli curiosità sulle magie della lingua che una delle saghe più amate di tutti i tempi ha da offrirci.
Nel frattempo, Nox!
LDC
NOTE:
1 La maggior parte delle informazioni presenti nell’articolo riguardanti la traduzione italiana della saga di Harry Potter sono state da noi ricavate e apprese grazie allo splendido lavoro di Ilaria Katerinov: Lucchetti Babbani e Medaglioni Magici – Harry Potter e le Sfide di una Traduzione (2012, Camelozampa).
2 Per un approfondimento sulla politica e l’educazione linguistica, in Italia e nel mondo, consigliamo la lettura di Santipolo M., 2022, Educazione e Politica Linguistica – Teoria e Pratica, Bulzoni Editore.
3 Dalla dedica iniziale in Rowling J. K., 2008, Harry Potter e i Doni della Morte, Salani Editore.