Le Cronache dell’Assassino del Re e la sintesi del fantasy moderno
Le Cronache dell’Assassino del Re, di Patrick Rothfuss, è una saga fantasy, ad oggi composta da due romanzi: il primo, Il nome del vento, è uscito in Italia nel 2008 mentre il secondo, La paura del saggio, è uscito nel 2011. Entrambi sono editi da Mondadori. Questa saga ha riscosso un gran successo, infatti, ha venduto più di 10 milioni di copie in tutto il mondo. E per dei validi motivi.
La storia narrata ne Le Cronache dell’Assassino del Re segue le vicende di Kvothe, un ragazzo dai capelli rossi che è un musicista, un avventuriero e molto altro. Le sue gesta sono diventate leggenda e alcuni si domandano quanto ci sia di vero dietro i miti che lo circondano. Tra questi vi è Cronista, uno storico che cerca e trova il protagonista. Infatti Kvothe, per nascondersi, gestisce una locanda sotto il falso nome di Kote. Una volta raggiunto da Cronista, si convince a raccontare la vera storia che si cela dietro al suo nome ormai diventato leggenda.
Devi essere un po’ bugiardo per raccontare la storia nel modo giusto.
– Kvothe, Il nome del Vento
Kvothe, il musicista poliedrico
Kvothe è il protagonista assoluto di quest’opera. Oltre all’introduzione, gli interludi e l’epilogo, dove la narrazione è in terza persona e vi sono diversi PoV (Point of View), gran parte del racconto è narrato in prima persona dallo stesso Kvothe. Quindi il lettore vive tutte le esperienze e le sensazioni attraverso gli occhi del protagonista. Ciò aiuta ad empatizzare con Kvothe, nonostante inizialmente possa risultare difficile vista la sicurezza che ha di sé. La storia raccontata da Kote inizia con la sua infanzia. Nato in una compagnia di artisti itineranti, gli Edema Ruh, Kvothe palesa da subito una passione viscerale per la musica e un’abilità eccezionale con il liuto, oltre che la curiosità per dieci bambini.
Ma non solo, Kvothe è molto intelligente e difficilmente fallisce in qualcosa che desta il suo interesse. La sua intelligenza è la sua arma principale e lui ne è ben conscio, tanto da risultare presuntuoso e vanitoso. Ma ne è consapevole anche Abenthy, un arcanista dell’Accademia che si unisce agli Edema Ruh. Abenthy, detto Ben, introduce il rosso prodigio a materie accademiche come la filosofia, la medicina, l’aritmetica, la chimica e la magia simpatica. Ben rimane colpito dalla velocità di apprendimento di Kvothe, nonostante la sua giovane età.
Dopo l’inizio del Viaggio dell’Eroe, che sancisce anche la collisione del mondo ordinario con quello del mito, si intravede il lato più debole e umano di Kvothe. Non è più solamente un personaggio dotto, testardo, abile e intelligente, ma si scopre essere gentile, fragile, un bambino prima e un uomo dopo. Assapora molto dolore e conosce l’amore. Durante il racconto, l’abile musicista dai capelli rossi diventa un personaggio tridimensionale, molto sfaccettato e che staziona nella mente (e nel cuore) del lettore anche settimane dopo aver terminato la lettura.
La Simpatia, un’arte magica a la Sanderson
La simpatia è la magia dell’universo creato da Rothfuss. Perlomeno una magia. Ma non è la magia di cui tutti sentono parlare, non permette di chiamare il vento o di comandare un incendio o il fulmine. No, a detta di Kvothe è decisamente deludente. La magia simpatica si basa sui legami che vi sono tra i materiali che compongono il mondo. Questi legami, detti vincoli e che possono essere impressi con delle formule verbali o scritte, sono influenzati fortemente dalla similitudine tra i materiali, dalla distanza, dall’Alar (la convinzione di un individuo di credere in qualcosa) e dal Primo Principio della Termodinamica. Dunque, per esempio, vincolando una moneta d’oro e un lingotto (anch’esso di oro), che si trovano a pochi centimetri dal simpatista che li sta vincolando, se si solleva la moneta si alza anche il lingotto.
Il Primo Principio della Termodinamica (da ora PPT) è una forte limitazione alla simpatia, rendendola di fatto un sistema di hard magic, come lo definirebbe Brandon Sanderson (autore di Mistborn e non solo). Il PPT, infatti, sancisce che l’energia non si crea e non si distrugge, ma si trasforma. Quindi, tornando alla moneta e al lingotto, per alzare la moneta bisognerà usare almeno tanta forza quanta ne servirebbe per alzare la moneta e il lingotto insieme. Per quanto Kvothe reputi la simpatia come la banalizzazione della magia, essa ha tante applicazioni e potenzialità, come mostrato nel corso della saga. Inoltre, può essere utilizzata anche in maniera lesiva, comportamento tassativamente vietato dall’Accademia.
L’Accademia, la Hogwarts di Kvothe
L’Accademia è il centro della conoscenza, della scienza e della magia. Essa è guidata dai Nove Maestri, individui con conoscenze smisurate in specifici ambiti. Coloro che lavorano all’accademia e per l’accademia sono tenuti in alta considerazione. Ma sono gli studenti il cuore dell’Accademia. Infatti, chi si diploma presso questo istituto, guadagna il titolo di arcanista che gli garantisce una certa autorità. Per accedere all’Accademia bisogna passare un esame iniziale che viene tenuto proprio dai Nove Maestri. Oltre a determinare l’ammissione, l’esame serve per stabilire la retta semestrale che lo studente deve versare.
Dopo diverse avventure, Kvothe raggiunge l’Accademia e non solo viene ammesso, ma è anche lo studente più giovane che l’Accademia abbia mai avuto. Qui il musicista scarlatto, riesce a sentirsi a casa, nonostante la sua anima da girovago. All’Accademia, infatti, Kvothe trova molte delle risposte che cerca, stringe le prime vere amicizie – con cui forma un trio – ed incontra la sua nemesi. Tutti elementi che ricordano ciò che Hogwarts è stata per Harry Potter.
Non solo, all’Accademia Kvothe trova anche un’altra cosa: la vera magia.
L’Onomanzia, un’arte magica a la Le Guin
L’onomanzia è il secondo sistema di magia presente all’interno de Le Cronache dell’Assassino del Re. Usando i veri nomi delle cose, l’onomante può piegarle al suo volere. Conoscere il vero nome di qualcosa significa conoscerla a pieno. Conoscendo il vero nome del fuoco, una persona può mutare la sua forma o toccare le braci senza scottarsi. Allo stesso modo, conoscere il nome di una persona, essa sarà completamente esposta al volere dell’onomante. Un po’ come succede ne La saga di Terramare di Ursula K. Le Guin.
A differenza della magia simpatica, che risulta essere limitata da leggi quasi fisiche, l’onomanzia permette di compiere grandi gesta. Le gesta di cui Kvothe ha sempre sentito parlare nelle leggende. Come impedire la caduta da una torre chiamando il vento. O distruggere un nemico chiamando il fulmine. Non vi è un metodo standard per apprendere i nomi. Spesso avviene in maniera inconscia e solo dopo aver trascorso molto tempo in contemplazione con l’oggetto dello studio. Per questo e altri motivi, l’onomanzia non risulta essere praticata quanto la simpatia. Anzi, gli onomanti sono una rarità.
La contrapposizione tra la simpatia e l’onomanzia genera un contrasto funzionale. Il lettore, inizialmente è deluso dalla simpatia quanto Kvothe. Il sense of wonder viene però risvegliato dall’onomanzia, creando una sinergia delicata tra i due sistemi magici.
Patrick Rothfuss come Kvothe con il liuto
Patrick Rothfuss, con Le Cronache dell’Assassino del Re, riesce ad emozionare come Kvothe riesce a far piangere un’intera carovana con la sua voce e un liuto. Lo stile è pulito, le descrizioni non sono mai troppo verbose e lasciano il giusto spazio alla fantasia del lettore. Il ritmo è pressoché perfetto, intrappolando chi legge in una spirale di curiosità, ansia, divertimento e senso di avventura dalla quale difficilmente riesce a districarsi. Ciò è dovuto anche ad un world building che risulta essere solido e stimolante, con molti miti da esplorare e leggende che incuriosiscono.
Per quanto Kvothe sia il protagonista indiscusso di questa saga, Rothfuss è riuscito a dar vita ad altri personaggi degni di nota. La volubile Denna, l’odioso Ambrose, il dolce Simmon, il serio Wilem o lo strambo Elodin. Tutti i personaggi riescono a farsi spazio nella mente del lettore e rimanerci, grazie alla loro credibilità e alla coerenza delle azioni che compiono.
Ormai, sono passati più di dieci anni dalla pubblicazione del secondo volume della saga e sono molte le questioni in sospeso. E la data di uscita del terzo capitolo della saga non è ancora nota. Nonostante questo, Le Cronache dell’Assassino del Re risulta essere una saga avvincente e godibile come poche. Gli elementi che la compongono possono ricordare altre grandi opere ma Rothfuss è riuscito a sintetizzarli perfettamente creando una formula unica e funzionante.
Un merito va anche a Gabriele Giorgi che si è occupato della traduzione in italiano dei i due romanzi. Ha saputo trovare il giusto equilibrio tra fedeltà e adattamento.
La lettura de Le Cronache dell’Assassino del Re è dunque caldamente consigliata a tutti gli amanti del fantasy e non solo. A patto che l’idea di aspettare ancora il volume conclusivo, The Doors of Stones, non sia un problema.
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