L’opera metaletteraria di Philip K. Dick: L’Uomo nell’Alto Castello
Philip K. Dick e sua sorella Jane nascono prematuri di sei settimane. Siamo a Berkley, è il 16 dicembre 1928. Il 26 gennaio, Jane muore. Tutti pensano che presto il gemello l’avrebbe seguita e, accanto al nome del battesimo della bambina, i due genitori fanno incidere quello del fratello ancora in vita, con la sola data di nascita, poi uno spazio bianco.
Così inizia la vita (e la biografia) di Philip K. Dick, autore de L’Uomo nell’Alto Castello, con la morte di una parte di sé.
The truth, la verità nelle avventure intergalattiche di un dodicenne
Philip era un bambino tendenzialmente asociale, con una passione per la musica e una sfrenata dote per l’immaginazione. A dodici anni amava ascoltare musica, leggere e battere a macchina. I suoi primi testi furono dei racconti macabri ispirati a Poe, nella rubrica Club Dei Giovani Autori della gazzetta di Berkley. La responsabile letteraria – la Zia Flo – lo esortò a scrivere di ciò che conosceva, della vita di tutti i giorni, di abbandonare l’immaginazione per concentrarsi sul reale. Philip abbandonò la gazzetta e, sentendosi incompreso, fondò un giornale tutto suo.
Lo chiamerà The Truth. La verità. La dichiarazione battuta a macchina sul primo numero dettava:
Giuriamo che questo giornale stamperà solo ciò che, al di là di ogni dubbio, è la verità.
Emmanuel Carrère. Io sono vivo, voi siete morti. p. 7-9.
Il fatto che questa verità consistesse in avventure intergalattiche frutto della smisurata immaginazione di un dodicenne appassionato di fantascienza è esilarante, ma ci ha di fatto anticipato il genio nascosto dietro la mente di un uomo che sarà, inconsapevolmente, rivoluzionario.
È bastato leggere queste prime righe della biografia di Emmanuel Carrère per rimanere affascinati da un uomo che oggi è conosciuto come il più famoso autore di fantascienza moderna, benché la sua fama esploda presso il grande pubblico dopo la sua morte, grazie ad alcune trasposizioni cinematografiche come Blade Runner (Ridley Scott, 1982) ispirato a Do Androids Dream of Electric Sheep? (Gli Androidi Sognano Pecore Elettriche?)
Di omini verdi e dischi volanti
Facciamo un salto di diversi decenni: 1960, venne al mondo la prima figlia di Philip, dalla seconda moglie Anne (che aveva già due bambine dal precedente matrimonio). La chiamarono Laura e, quando madre e neonata tornarono dall’ospedale, Philip venne ricoverato per un attacco dovuto a degli effetti collaterali delle varie pillole che al tempo assumeva in quantità sempre maggiore: ansiolitici per l’ansia della futura paternità e anfetamine per lavorare di più. La sua carriera di scrittore, però, non andava come sperato.
Scriveva sempre di quegli omini verdi e dischi volanti che, da quando aveva ventiquattro anni, lo portarono ad affermarsi come scrittore professionista. Nel corso dei decenni aveva scritto numerosissimi racconti e pubblicato sette libri, ma non vedeva in nessuna delle sue opere quella serietà a cui tanto agognava, quel successo tanto atteso.
La vita matrimoniale di Philip K. Dick stava prendendo la stessa piega della sua carriera da scrittore, un continuo insieme di “certo, si impegna, ma…”. Fu per sfuggire ai continui litigi con la moglie e per un fortuito lancio di monete che decise di affittare un capanno, a dieci minuti da casa, per rinchiudersi a scrivere il suo capolavoro: L’Uomo nell’Alto Castello.
Quel capanno sarebbe stata l’ultima spiaggia, la porta sul nulla. Ne sarebbe uscito vittorioso, oppure morto.
Emmanuel Carrère. Io sono vivo, voi siete morti. P. 71
L’I Ching, il libro dei Mutamenti
Per parlare de L’Uomo nell’Alto Castello si deve fare una digressione e parlare dell’I Ching, il libro dei Mutamenti. Una definizione data da scuolatao.com:
Conosciuto anche come yi jing, o i king, è un antichissimo classico della cultura cinese. I Ching, in cinese è formato da due ideogrammi, 易mutamento e 經libro, da cui Libro dei Mutamenti. Questo libro è una sorta di oracolo, a cui è possibile rivolgere delle domande per ricevere delle indicazioni riguardo i comportamenti da tenere in tutte le questioni che riguardano la vita: progetti, affari, relazioni e così via.
Definizione di “I Ching”
Negli anni Cinquanta l’opera conobbe un grande successo, soprattutto in America, dove diventò una moda per gli hippy. Dick fece parte di quella coda di persone che, incuriosite, cominciarono a sfruttare il libro dei Mutamenti per prendere le proprie decisioni.
Era stato l’I Ching a consigliargli di affittare un capanno, lontano da casa. E in quelle stesse quattro mura decise che il suo libro sarebbe stato incentrato sul nazismo. Tutte le persone vissute nella seconda metà del ventesimo secolo hanno dovuto avere a che fare con il dopo guerra. Tutti hanno dovuto fare i conti con quello che era accaduto, hanno dovuto convivere con la consapevolezza di ciò che avevano vissuto. Per la prima volta, Philip K. Dick si trovò a pensare non a un futuro ipotetico, ma a un altro passato1.
L’espediente centrale della trama del romanzo è l’uso periodico da parte dei personaggi principali dell’oracolo cinese noto come l’I Ching o Libro dei Mutamenti. Dick sembra aver consultato l’oracolo più o meno ossessivamente per aiutarlo a sviluppare la direzione de l’Uomo nell’Alto Castello, creando una potente dinamica metanarrativa tra l’autore e i suoi protagonisti.
Paul Mountfort. “The I Ching and Philip K. Dick’s The Man in the High Castle.” Science Fiction Studies, vol. 43
Come dice Paul Mountfort, l’I Ching ha un ruolo fondamentale sia nella stesura del romanzo, sia nel romanzo stesso. Quello di Philip K. Dick è stato un approccio non del tutto originale – in quel periodo altri scrittori sfruttarono l’oracolo per la stesura delle loro opere – ma di certo il più sperimentale.
Dick stesso, in un’intervista, diceva:
I used it (the I Ching) in The Man in the High Castle because a number of characters used it. In each case when they asked a question, I threw the coins and wrote the hexagram lines they got. That governed the direction of the book. Like in the end when *** is deciding whether or not to tell *** that he is the target of assassins, the answer indicated that she should. Now if it had said not to tell him, I would have had her not go there. But I would not do that in any other book.
P. Dick in un’intervista
L’I Ching, in pratica, governava le scelte dei protagonisti del romanzo e, di conseguenze, le scelte dell’autore stesso.
Peccato non avere qui la mia copia dell’oracolo, si disse Frink. Potrei consultarlo sulla questione, sottoporla alla sua saggezza millenaria.
L’uomo nell’alto castello. Pagina 56
L’uomo nell’alto castello
Nell’ucronia2 di Philip K. Dick, Giuseppe Zangara ebbe successo nell’assassinio di Franklin D. Roosvelt, provocando non solo il prolungamento della grande depressione, ma anche il mancato intervento degli USA nel conflitto mondiale. L’inerzia della grande potenza permise alla Germania nazista di conquistare e annettere l’Europa continentale e l’Unione Sovietica al Reich. Lo sterminio di ebrei, zingari e di tutti gli altri popoli che i nazisti consideravano subumani avvenne senza ostacoli di sorta. Il Giappone invase la costa occidentale dell’America, i nazisti quella orientale. La resa degli alleati pose fine alla seconda guerra mondiale.
Nel 1962 il Giappone imperiale e la Germania Nazista sono le due super potenze mondiali. Il Giappone, gli Stati del Pacifico d’America (PSA) e gli Stati delle Montagne Rocciose sono politicamente neutrali e fungono da cuscinetto con gli stati nazisti a est. I personaggi si muovono in prevalenza a San Francisco, il razzismo giapponese ha ridotto in schiavitù i neri e ridotto i residenti cinesi a cittadini di seconda classe.
Nel Novecento, una delle domande che si ponevano in tanti, soprattutto gli scrittori ucronici, era: “e se Hitler avesse vinto la seconda guerra mondiale?”. Hitler diventa, quindi, protagonista indiscusso della letteratura what if…? Ovvero la “letteratura dei se”. Tra questi romanzi spicca la storia di Philip K. Dick narrata in l’uomo nell’alto castello.
In quest’ucronia, che si apre in medias res, Dick presenta i protagonisti in un universo alternativo, sotto il controllo tedesco. La società è sotto il controllo del Reich, in lotta per la successione dopo Hitler. Il mediterraneo è stato prosciugato dall’energia nucleare e dell’Africa si cerca di non parlare, perché il genocidio messo in atto dai nazisti è inenarrabile.
Se diamo un’occhiata al contesto storico e culturale, nel 1962, anno in cui è ambientato il romanzo ma anche l’anno in cui è stato scritto, l’America di Kennedy era in piena guerra fredda contro l’Unione Sovietica. È venuto quasi naturale quindi, rappresentare questa realtà alternativa, perché questa non era altro che lo specchio della società e del periodo che stava vivendo. Giappone e Germania che si contendevano il mondo nella sua ucronia non era tanto diverso dalla realtà, dove le due super potenze erano Unione Sovietica e Stati Uniti d’America.
Il libro dentro al libro, le tre realtà di Philip K. Dick
A prima vista, il lettore di The Man in the High Castle scorge due differenti Americhe, quella del libro di Dick e quella reale; sicché, dall’incontro tra Juliana e il misterioso Joe, compare una nuova realtà nella forma di un libro dal titolo The Grasshopper Lies Heavy.
Piras Alessandra, Ucronia e falsificazione della storia: il caso di The Man in the High Castle, “Medea”, IV, 1, 2018
Di Americhe, in questo strano universo metaletterario creato da Philip K. Dick, non ce ne sono solo due, ma tre. La prima è quella nella quale si muove il suo cerchio di personaggi, dominata dalla forza dell’Asse. La seconda è quella appartenente ai lettori di Dick e poi l’America di La locusta si trascinerà a stento, scritto da Hawthorne Abendsen che parla di un’America dove non sono stati i nazisti a vincere la guerra. Il libro è un testo proibito e che circola di nascosto alimentando l’aria di ribellione.
Supponi che avessero vinto loro. Come sarebbe adesso? Non dobbiamo sforzarci, ci ha già pensato quest’uomo per noi. L’impero britannico controllerebbe l’intera Europa. Tutto il Mediterraneo. Niente più Italia. Niente più Germania.
L’uomo nell’alto castello. Pagina 91
Il risultato ottenuto da Dick è un’ucronia dentro l’ucronia. Non solo tre Americhe, ma anche diversi autori e lettori. Perché da una parte c’è il lettore che deve riconoscere l’immaginario nella prima ucronia, ovvero quella dell’uomo nell’alto castello, ma successivamente anche in quella de La cavalletta non si alzerà più. Non solo l’autore originario Philip K. Dick nel 1962 scrive la sua opera, ma anche Hawthorne Abendsen che fa circolare la sua ucronia proibita, che a sua volta ha come pubblico i protagonisti scritti da Dick, diventando essi stessi lettori.
Nonostante la probabile prima impressione, la locusta si trascinerà a stento non coincide con la storia conosciuta dai lettori. Sono presenti, quindi, delle falsificazioni storiche.
All’interno del libro dentro al libro, Inghilterra e Stati Uniti si contendono il mondo intero così come Germania e Giappone si contendono quello dell’opera di Dick. Non vengono descritti però, diversamente dalla realtà, i motivi che portarono gli Alleati a vincere la guerra. Vien fatto riferimento all’indole degli Italiani e al tradimento protratto nei confronti di Mussolini, ma non viene fatta alcuna menzione dello sbarco in Normandia del ’94.
L’altra grande differenza risiede nel mancato riferimento all’attacco di Pearl Harbor nel 1941, durante il quale i giapponesi inflissero un duro colpo agli statunitensi, provocandone l’intervento nella seconda guerra mondiale. Philip K. Dick cancella così uno degli eventi più importanti della realtà storica che fu un’onta indelebile per gli Americani.
Il libro degli “e se…?”
La complessità dietro la costruzione e la stesura di questo romanzo è indubbia. Nel corso della lettura ci vuole un po’ per abituarsi all’idea, per entrare del tutto in questo mondo così estraneo, ma allo stesso tempo così conosciuto.
La lettura di The Man in the High Castle è stata complessa, ma illuminante. La abbiamo affiancata alla lettura della biografia di Emmanuel Carrère, Io sono vivo, voi siete morti, e benché con una certa fatica, non ce ne siamo pentiti. Conoscere la vita dell’autore (benché di sicuro romanzata) ed entrare in uno dei suoi mondi è stata un’esperienza straniante, ma incredibile.
Philip K. Dick è stato un autore insolito, di sicuro stravagante, ma fondamentale per la letteratura moderna, soprattutto nel campo fantascientifico. Il patrimonio artistico da lui lasciato (che conta almeno trenta romanzi e numerosissimi racconti) è importantissimo, e con questo articolo abbiamo provato a scatenare la vostra curiosità per quell’autore che fin da pochi mesi dalla nascita aveva una lapide con inciso il suo nome, quell’autore che chiedeva ai suoi lettori di immaginare dei mondi, dei presenti alternativi. Ma anche per una delle sue opere più importanti, che riporta con maestria le paure suscitate in una società che trovava difficile riprendersi da un dopo guerra stravolgente, in una società che, continuamente, si chiedeva: e se…?
RF
1 Carrère Emmanuel. “Io sono vivo, voi siete morti”. Milano. Adelphi, 2022. p. 76.
2 Sostituzione di avvenimenti immaginari a quelli reali di un determinato periodo o fatto storico (per es., la situazione europea se Napoleone avesse vinto a Waterloo). (Definizione dal dizionario Treccani)