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Pop-eye al Salone del Libro di Torino

Il Salone del Libro di Torino 2023 ha visto partecipare anche noi di Pop-Eye! Non ci siamo fatti scappare l’occasione di incontrare case editrici e autori e autrici presenti agli stand. Il SalTo è da sempre non solo un luogo di incontro tra gli appassionati della lettura, ma anche una possibilità per vedere chi lavora dietro ai romanzi e alle case editrici. Non solo grandi aziende, ma soprattutto piccole realtà che sostengono e promuovono un movimento che dona nuova linfa vitale alla letteratura.

Non potevo quindi esimermi dal fare alcune domande ad autori e case editrici magari meno conosciuti rispetto ai grandi nomi dell’editoria, ma che rappresentano un rifugio e una boccata d’ossigeno per gli amanti del genere. In particolare, ho avuto l’opportunità di fare brevi interviste a due case editrici del fantastico italiano: DarkZone e Lumien con due scrittori di punta, rispettivamente Daniele Viaroli e Mattia Manfredonia. Inoltre, ho avuto la possibilità di parlare con Giada Abbiati, editor e valutatrice editoriale freeelance.

L’ingresso principale del Salone del Libro di Torino al Lingotto.

Venerdì 19 Maggio: l’inizio del viaggio

Il Salone del Libro è pieno di gente, ma senza ancora il pienone che ci sarebbe stato il giorno dopo, nonostante la pioggia incessante (65 mila ingressi il sabato, secondo i dati forniti dall’organizzazione, 215 mila totali). Una volta entrati dall’ingresso principale, mi ritrovo nel padiglione 1 e vengo subito accolta dagli stand dedicati ai manga, ai manhwa e ai fumetti. Ampi e molto frequentati da persone di tutte le età, già si respira la meravigliosa atmosfera del Salone del Libro.
Non nego di aver subito recuperato un titolo e mi dirigo verso il padiglione 2 e la mia prima tappa: Lumien Edizioni (pad. 2 J27).

Intervista ad Alvise Canal, editore di Lumien

D: Lumien è una casa editrice molto giovane che pubblica fantastico italiano. Com’è stato aprire una casa editrice di questo genere e avere già così tante richieste di valutazione di romanzi? Come siete riusciti a creare questo in così poco tempo?
R: Eh, sembra sia poco tempo, ma in realtà dietro c’è stato uno studio di un anno. Prima di lanciare la casa editrice abbiamo studiato, approfondito il settore, letto saggi e manuali, finché non abbiamo realizzato il business plan che ha circa un centinaio di pagine con tutto quello che avremmo fatto dall’inizio fino ai prossimi cinque/dieci anni. Quindi nella nostra ottica diciamo che è un progetto molto lungo con molte altre cose in serbo. Quello che vedete adesso è proprio la punta dell’iceberg. Dietro appunto c’è stato tantissimo studio e lavoro. È un viaggio in divenire, il progetto Lumien.

D: Che generi volete portare?
R: Abbiamo pubblicato e pubblicheremo solo e unicamente fantastico. In futuro potremmo valutare anche altro come weird e horror, anche perché sono generi che io apprezzo tantissimo. Ma per ora abbiamo pubblicato quello di cui sentivamo c’era più bisogno. Non è stata solo una scelta di cuore, ma proprio un “c’è bisogno di questo, quindi facciamo questo”. Perciò portiamo e porteremo fantasy e fantascienza e tutti i loro sottogeneri: fantasy storico, urban fantasy, portal fantasy, distopia.

Giulia Padovan e Alvise Canal, fondatori di Lumien.

Intervista a Mattia Manfredonia, autore de Le Notti di Cliffmouth (Lumien)

D: Le Notti di Cliffmouth è stata la prima pubblicazione della collana Scaglie, dedicata al fantasy, di Lumien. Com’è stato affrontare quello che è a tutti gli effetti un doppio debutto, il tuo e della casa editrice? Immagino l’ansia che possa esserci stata.
R: Ansia sì, ma la parola che sento più adatta è emozione. Tutto è praticamente nuovo, l’incoscienza, il non avere l’idea di in cosa ti vai a infilare, perché non avevo idea di come funzionasse l’editoria e il mondo del fantasy con tutto quello che c’è dietro. Ho dovuto proprio imparare da zero, è tutto nuovo, un’avventura.

D: Ti aspettavi così tanto successo, anche dal punto di vista social, dato che parliamo di un doppio esordio?
R: No, non mi aspettavo tutto questo. Anche perché avvicinandomi a questo mondo, vedendo quali sono i numeri e quali sono le aspettative, non mi aspettavo minimamente di riuscire ad avere dei risultati così buoni in così poco tempo. Sono davvero contentissimo di quello che siamo riusciti a fare insieme all’editor e alla casa editrice e a tutti i professionisti che hanno lavorato dietro al progetto, i quali non devono essere trascurati. È un successo corale, non è un successo solo dell’autore e dell’editore o dell’editor. E ne sono contentissimo.

Mattia Manfredonia e il suo Le Notti di Cliffmouth.

D: A livello emotivo, ti ha aiutato essere stato pubblicato in contemporanea a un altro autore (Nikolas Dau Bennasib con Protocollo Uchronia, ndr), e quindi avere un confronto con chi stava vivendo la tua stessa esperienza?
R: È stato utile essere pubblicato insieme a un altro titolo perché c’è stata la possibilità di avere delle offerte sul sito e quindi ci ha dato la possibilità di crescere assieme. Io e Nikolas ci siamo conosciuti dopo la pubblicazione ed è una persona interessantissima con cui adoro sempre parlare. Però l’ho appunto conosciuto dopo e tutto questo ci ha aiutato a crescere insieme.

D: Ci puoi parlare de Le Notti di Cliffmouth?
R: Il mio libro è un dark fantasy, investigativo, ambientato a Vespria.
È una specie di nuovo mondo inesplorato, pieno di orrori gotici, da un certo punto di vista. In contrapposizione invece a un vecchio mondo che è il continente, più strutturato con degli stati ben formati. L’ambientazione quindi è di stampo vittoriano-coloniale e tutta la vicenda si incentra attorno alla sparizione di alcune persone. In questo caso due Dame del Cordoglio, quindi due consorelle, devono indagare sulla vicenda e cercare di capire se essa presenta aspetti naturali o sovrannaturali. E devono cercare di salvaguardare il benessere di Cliffmouth, che è la città attanagliata da questi fenomeni occulti. Detto questo, un’altra curiosità è che il sistema magico è basato sullo spiritismo e sulla demonologia in voga nel millesettecento. Ho fatto anche delle ricerche dietro quello che ho fatto per cercare di rendere il sistema magico interessante e nuovo in qualche modo, oltre che realistico.
Uno degli aspetti su cui ho cercato di fare leva è che non tutti sanno come funziona la magia, anzi, ci sono teorie contrastanti. Ognuno cerca di fare quello che può con quello che ha capito, ma nessuno ha la teoria chiara di come funziona questa cosa che si può assimilare alla magia. È comunque un sistema molto low magic.

Mattia Manfredonia allo stand Lumien.

D: Quanti libri saranno?
R: Sarà una dilogia. Il seguito, dove ci sarà la conclusione del caso, è di prossima uscita; stiamo valutando adesso di farlo avere ai lettori nel più breve tempo possibile. Che posso dire, a me piacerebbe tornare a scrivere nell’ambientazione, ma non saranno vicende collegate a Le Notti di Cliffmouth, forse ritorneranno dei personaggi. È ancora tutto in divenire, ti dico la verità.

D: Quali sono stati gli autori e le opere che ti hanno ispirato?
R: Gli autori su cui mi sono sicuramente basato di più sono Lovecraft, Poe, Stoker e ci metterei anche Tim Burton e Guillermo del Toro. Mentre i libri che mi hanno aiutato sono Il Pendolo di Foucault, Il Signore degli Anelli perché ti insegna come dare vita a una storia, L’Uomo che Ride di Hugo poiché è uno dei romanzi che esplora meglio il detto non detto e le storture della società umana. Io ho cercato un po’ di trasferire questo nell’atteggiamento di alcuni personaggi, nel modo di parlare e di non dire di alcuni personaggi.

In prima fila, da sinistra: Massimiliano Niero, autore di Gordius; Nikolas Dau Bennasib, autore di Protocollo Uchronia; Mattia Manfredonia, autore de Le Notti di Cliffmouth: Giuliana Leone, autrice di Detriti; Roberta Ferrau, redattrice di Pop Eye; Giada Abbiati, valutatrice editoriale ed editor. In seconda fila, da sinistra: Elisa Stoppa e Marta Suardi, redattrici di Pop Eye.

Dopo aver esplorato i titoli presenti allo stand Lumien, mi incammino verso il padiglione 3 alla ricerca della prossima tappa: lo stand P48 della casa editrice Dark Zone. Si trova nel corridoio principale del Salone del Libro, una posizione molto strategica.

Dark Zone con Francesca Bertuca e Daniele Viaroli

Allo stand Dark Zone, colmo di persone, attiro l’attenzione di Daniele Viaroli, di cui ho letto poco tempo fa il primo romanzo La Fiamma Azzurra. A questo sono seguiti Il Vortice Nero parte prima e seconda e La Folgore Scarlatta.

Intervista a Daniele Viaroli, autore di La Fiamma Azzurra (Dark Zone)

D: Parlaci un po’ de La Fiamma Azzurra, il tuo primo libro, pubblicato nel 2019. Quali sono i temi? Dove vuoi arrivare?
R: Dove voglio arrivare non lo so ancora. Scherzi a parte, una delle cose che mi premono tantissimo è cercare di mescolare il genere ironico con quello avventuroso. Sono due aspetti che mi sono sempre piaciuti tanto e poi perché mi sembrava un buon metodo per trasmettere la speranza alle persone. È qualcosa che mi ha sempre fatto piacere e che avevo bisogno quando ero ragazzino. Di conseguenza, ho sempre cercato di trasmetterla. Un po’ tutta la saga ruota intorno a questo. In realtà poi si complica andando avanti perché si aggiungono i concetti di giustizia e altri più complicati, ogni personaggio poi incarna qualcosa di diverso. Però ecco all’inizio il focus era quello.

D: Come hai scelto la Dark Zone come casa editrice con cui pubblicare?
R: Nel periodo in cui stavo cercando, avevano innanzitutto le selezioni aperte ed era una delle poche case editrici fantasy di cui parlavano bene e che non avesse costi aggiuntivi per l’autore. Sapevo facessero editing serio, con più giri di editing, correzione di bozze, insomma, tutta la filiera viene rispettata. Finché il romanzo non è limato alla perfezione non esce e le copertine sono bellissime. Sono stato contentissimo di averli scelti tra le case editrici che avevano accettato il mio romanzo.

Daniele Viaroli con i suoi libri: La Fiamma Azzurra, Il Vortice Nero parte prima e seconda e La Folgore Scarlatta.

In effetti, La Fiamma Azzurra è stato proprio questo. Un romanzo pieno di ironia e citazioni, dal ritmo incalzante che non permette un attimo di respiro. Insomma, un vero e proprio film in cui l’avventura è protagonista. Scontato dire che ho alte aspettative riguardo a Il Vortice Nero.

Successivamente, ho parlato con Francesca Bertuca, autrice de I Figli della Cenere.

Intervista a Francesca Bertuca, autrice di I Figli della Cenere (Dark Zone)

D: Com’è creare una nuova comunità del fantastico italiano, spesso vittima di tanti pregiudizi, dal punto di vista dei social?
R: Io mi occupo più del lato fantascienza. Diciamo che non è stato semplice. Al di là dei pregiudizi, bisogna inserirsi nell’ambiente, quindi c’è uno scoglio iniziale da superare. Passato quello, è una cosa fattibile dal momento che si inizia proprio a conoscere gli amanti del genere e quindi diventa quasi una nicchia, c’è accoglienza. Tanti ragazzi che vengono al nostro stand qui al Salone del Libro ci seguono già da tempo e sono proprio quindi fan sia del genere sia della casa editrice. Si crea proprio una famiglia ed è bello quando succede grazie ai libri.
Nel mio piccolo posso dire tantissima paura iniziale, a maggior ragione con la fantascienza e scritta da una donna per di più. E invece no. La letteratura e i suoi generi non hanno un genere. Perché parliamo di storie. L’essere umano è cresciuto attraverso le storie, ne abbiamo bisogno, quindi non ci può essere un genere o un genere narrativo così specifico. Spesso i generi si mischiano. Noi andiamo avanti, fiduciosi che questi pregiudizi andranno a scemare. Si può già notare in questi ultimi anni attraverso i tanti giovani che si sono avvicinati al fantastico.

Lo stand della Dark Zone al pad. 2 P48 del Salone del Libro.

Approfittando di un Salone ancora gestibile dal punto di vista dell’affluenza, dedico il resto della prima giornata all’esplorazione dei vari stand.

Il Salone del Libro: un giro turistico

Decido di andare direttamente allo stand Abe Editore al padiglione Oval, in modo da recuperare immediatamente i titoli in collaborazione con La Bottega dei Traduttori, nello specifico Selve Oscure e Abissi. Ovviamente, una volta arrivata, il mio occhio è stato catturato anche da altre opere.

Selve Oscure e Abissi, editi Abe Editore a cura di La Bottega dei Traduttori.

A questo padiglione, raggiungibile dopo un breve tragitto all’esterno e protetto dalla pioggia grazie a dei gazebo, è presente anche la sala stampa riservata agli accreditati del Salone del Libro.

Il padiglione Oval visto dalla Sala Stampa.

All’Oval sono presenti la maggior parte delle grandi case editrici come Mondadori, Feltrinelli e Giunti, e molti stand dedicati alle regioni italiane.
Una volta recuperati i titoli da Abe Editore,
decido quindi di tornare indietro per poter curiosare tra realtà più piccole.

Ad esempio, al padiglione 2 si trova lo stand Odoya con il titolo Le Navi d’Ossa di R. J. Barker, uscito il 31 marzo 2023, di cui avevamo precedentemente parlato in questo articolo. Ovviamente ho spinto la collega Roberta Ferrau a comprarlo.

Una conferenza al padiglione Oval

Il Salone del Libro spinge anche la creatività nel creare gli stand e L’Ippocampo ne è un perfetto esempio. Con pareti adornate da alberi, animali e un verde acceso anche all’interno dello stand stesso, attira l’attenzione dei visitatori.

Completati altri acquisti e ormai finita la prima giornata, lascio il Salone del Libro, soddisfatta ma anche in attesa del sabato con l’ultimo incontro per questo articolo.

Sabato 20 Maggio: il viaggio continua

Già in metropolitana si nota la calca di persone che si dirige verso il Salone del Libro al complesso Lingotto, un po’ intimorita da quella che sarà la giornata più difficoltosa ma allo stesso esaltante dell’intera esperienza torinese. Oltre infatti all’ultimo incontro, ho avuto occasione di vedere altri colleghi e colleghe, amici e amiche che amano i libri. Insomma, come accennato all’inizio di questo articolo, il Salone rappresenta anche un’occasione per riunire gli appassionati.

Tra questi, oltre che addetta ai lavori in quanto editor e valutatrice editoriale freelance, c’è Giada Abbiati, a cui ho dedicato l’ultima parte delle mie interviste.

Intervista a Giada Abbiati, editor freelance

D: Come si diventa valutatori editoriali ed editor freelance? Che percorso si può intraprendere?
R: Faccio una premessa. Ogni percorso di qualsiasi professionista di questo settore è diverso, sia a livello di formazione sia a livello di vocazione sia di predisposizione. In generale, come qualunque professione, l’editor (che poi comprende anche la valutazione editoriale) è un percorso per il quale bisogna studiare. Quindi si fanno corsi per comprendere come si lavora da editor, per comprendere tutto quello che riguarda l’analisi narrativa e l’analisi dello stile. In sostanza, tutti quegli elementi che compongono le storie e come rapportarsi con la singola storia e con l’autore.
Essendo un lavoro che è soggetto alla tipologia di storia, perché tutte le storie sono diverse tra loro, chiaramente non esiste un procedimento standard. Esiste tutta una serie di fasi più o meno consolidate, ma che poi si vanno ad adeguare alla singola storia. È il motivo per cui la formazione non deve mai fermarsi. Un editor tendenzialmente dovrebbe essere più esperto dell’autore stesso in termini di narrativa, poiché va a mettere mano su un testo che potrebbe anche rovinare, nella peggiore delle ipotesi.
L’autore, che è viziato dalla conoscenza del testo, deve essere guidato in maniera il più oggettiva possibile all’interno di un percorso di miglioramento della storia, ma anche appunto dell’autore stesso.
A livello di valutatore editoriale in senso stretto, sostanzialmente la cosa non esula dal percorso da editor a 360 gradi. Dal momento che non tutti i romanzi sono pronti per un editing, un bravo editor deve essere prima di tutto un valutatore. Perciò, deve valutare se il romanzo è pronto per un editing e poi nel caso di valutazione editoriale per case editrici se si tratta di un prodotto papabile per una pubblicazione e quindi di conseguenza anche per un editing.
Come valutatore in senso stretto, non ci sono degli accordi specifici. Da freelance, si valuta a prescindere un testo. Invece come valutatore editoriale semplicemente bisogna proporsi alle case editrici come valutatori e si stipulano poi degli accordi di collaborazione.

D: Come trovare clienti?
R: Iniziando a collaborare con persone che sono coinvolte all’interno della filiera editoriale. Questa è una cosa da non dimenticare perché quando si diventa freelance, bisogna essere all’interno del mercato di riferimento. È fondamentale avere rapporti con le dovute realtà: con autori, case editrici, e soprattutto sapersi mostrare come professionisti attraverso contenuti di valore che si rivolgono appunto all’utente finale.
Occorre mettersi in mostra, chiaramente con professionalità, ma facendo capire che siamo la persona giusta da contattare per un eventuale lavoro. Non ultimo, bisogna mettersi in gioco e avere un minimo di intraprendenza, con la dovuta professionalità e il dovuto tatto. Mai elemosinare un rapporto professionale, ma è necessario proporsi come elemento di valore in modo da poter ottenere una collaborazione. Soprattutto per collaborazioni con aziende, quindi case editrici o agenzie editoriali.
Con gli autori l’approccio è già un pochino diverso. Si parte sempre dal dare valore gratuito alle persone, che siano contenuti online, come post, video ecc, quelli sono la chiave per costruire il cosiddetto trust, ovvero la fiducia da parte del tuo pubblico, il quale poi viene a chiedere effettivamente un lavoro professionale.
Per quanto riguarda l’aspetto di valutatore, ci si propone alle case editrici o si risponde agli annunci.

Giada Abbiati.

D: In cosa differisce il valutatore editoriale dall’editor?
R: In generale, il lavoro di valutazione consiste nel valutare la bontà di un testo. Ossia, il testo è papabile per una pubblicazione? Non solo a livello strutturale o narrativo o di buona scrittura, ma anche aderenza alle collane editoriali e al target di pubblico della casa editrice. Capita spesso che arrivino dei romanzi scritti anche bene, ma fuori target per la casa editrice di riferimento. Quindi devono essere per forza di cose rifiutati. Un bravo valutatore è in grado di valutare tutti questi aspetti.
A livello narrativo, invece, deve evidenziare i punti di lavoro di un testo che è pronto per la pubblicazione. Questo perché la valutazione passerà all’editor, il quale si occuperà poi del testo per la pubblicazione. Quindi è un lavoro sinergico.
L’editor leggerà poi il libro e trarrà le sue conclusioni ancora più puntuali. Avere già un punto di partenza che dà un’idea di quello che succede, quali sono i macro punti di lavoro e i punti di forza, chiaramente facilita moltissimo il lavoro di editing posteriore.
Rispetto poi alla valutazione negativa, si devono far presente tutti i punti in cui il testo non è valido. E possono essere veramente diversi: vanno dallo stile, alla struttura narrativa inefficienti. Esistono anche storie che sulla carta potrebbero essere buone. Magari hanno belle sinossi, oppure sono piacevoli da leggere, ma purtroppo presentano tutta una serie di problematiche non indifferenti.
In alcuni rari casi l’editore potrebbe tenere in considerazione l’autore dopo un eventuale lavoro ulteriore del romanzo.

D: Allo stato attuale, a quali romanzi hai lavorato come editor?
R: A oggi collaboro con autori indipendenti, non nel senso di self publishing, ma che vengono da me in quanto autori per lavorare insieme anche su idee da sviluppare, sulle scalette, sulla struttura in generale o comunque su romanzi già terminati. Per questi ultimi, io di solito valuto e poi nell’eventualità si procede con un editing se il libro è pronto per questo. In alternativa, si procede con un coaching mirato a livello narrativo. Oltre a questi, collaboro come valutatrice editoriale ed editor con Lumien Edizioni e come editor interna di Rotte Narrative, la quale è una delle realtà narrative di formazione di scrittura principali in Italia.
Per Rotte Narrative, ho lavorato con Livio Gambarini al suo nuovo romanzo La Papessa di Milano edito Piemme Edizioni. Mentre per Lumien ho editato Gordius. Vermi nel Cuore di Massimiliano Niero.
Al momento non collaboro con altre aziende, ma chiaramente sono aperta a nuove proposte.

Gordius. Vermi nel Cuore di Massimiliano Niero, pubblicato da Lumien Edizioni.

D: Quali sono i generi a cui preferisci lavorare?
R: I miei generi prediletti riguardano prevalentemente la narrativa fantastica a eccezione dell’horror, perché sono una fifona. Invece, per gli altri generi letterari, sono in realtà aperta a tutti i generi.
Dopo la speculative fiction, ho una propensione in particolar modo per i thriller, a cui seguono gli storici. Ho infatti una formazione di corsi specifici sul fantasy, sullo storico e sulla narrativa audio.
In generale non ho problemi a lavorare anche su altre tipologie di libri. Ad esempio, ora sto lavorando a un romanzo di narrativa bianca per lo sviluppo proprio di tutta l’idea e con una ragazza che sta scrivendo un romance. Gli unici che non edito sono appunto l’horror ed eventualmente anche l’erotico, che non è nelle mie corde.

La fine del viaggio

Insomma, l’esperienza del Salone del Libro è unica e difficile da spiegare a parole. Si è circondati dalla propria passione e da chi la condivide, quindi l’entusiasmo è alle stelle. Parlare di libri, delle storie che ci fanno viaggiare così tanto senza spostarci da casa fa sì che tutti noi presenti al Salone avevamo una luce negli occhi proprio particolare.

Certo, il Salone ha ancora tanti difetti e margini di miglioramento, primo fra tutti l’accessibilità e la vivibilità in generale. File eccessivamente lunghe per gli eventi, il ristoro e i (pochi) servizi igienici, la mancanza di posti a sedere. I punti SMAT dove poter riempire gratis le borracce non sono segnalati benissimo, anche se l’attenzione all’ambiente è alta in generale in tutto il Salone, con punti di raccolta differenziata frequenti. Inoltre, l’egregio lavoro degli addetti alle pulizie è da sottolineare, in tutti gli ambienti.
Sono curiosa di scoprire cosa ci riserverà il Salone del Libro 2024, che vedrà la nuova direzione editoriale di Annalena Benini dopo il settennato di Nicola Lagioia, il quale ha portato numeri da record.

Voglio in ultimo ringraziare Alvise Canal, Giulia Padovan e Mattia Manfredonia di Lumien; Daniele Viaroli e Francesca Bertuca della Dark Zone; Giada Abbiati per avermi dedicato il loro tempo al Salone del Libro di Torino con queste interviste; e la redazione di Pop Eye per avermi permesso di partecipare con loro a questo Salone del Libro 2023.

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