L’Asia racconta il bullismo: The Glory, Heaven e Golo Zhao
L’Asia ha un problema col bullismo? Ce l’abbiamo tutti nel mondo, questo è certo e anche molto avvilente. Sono sempre numerose le opere pubblicate ogni anno che trattano questo tema nella speranza – a volte anche con una comprensibile amara disillusione – che un giorno non ci sarà più bisogno di parlarne. Pensiamo, a tal proposito, ad alcune opere di successo uscite negli ultimi anni: la serie Tredici, il romanzo per ragazzi (e poi film) Wonder, e molti manga tra cui ricordiamo A Silent Voice, Oltre le Onde e My Capricorn Friend. Sembra proprio che a Oriente di bullismo si parli sempre di più: tra le pagine della letteratura giapponese, nella new wave di fumetti cinesi e nei popolarissimi k-drama, la violenza scolastica è spesso presente e rappresentata. E così, negli ultimi anni, abbiamo imparato a conoscere sempre meglio uno dei lati oscuri del mondo a est.
Un caso recentissimo è The Glory, serie Netflix sudcoreana che ha ben poco a che fare con l’atmosfera tutta miele e zucchero a cui ci hanno abituato i k-drama. Scritta da Kim Eun-sook e diretta da Ahn Gil-ho, è arrivata al suo sedicesimo e ultimo episodio a marzo, ed è riuscita a stupire e a conquistare anche gli spettatori più scettici.
E il tema principale della serie, nonché elemento da cui avrà origine un gioco intricato di inganni e vendette, è proprio il bullismo. Così come lo è in Heaven, romanzo giapponese scritto da Mieko Kawakami ed edito E/O, e in qualche modo anche in Tu sei il più bel colore del mondo, del fumettista cinese Golo Zhao portato in Italia da Bao Publishing. Possiamo costruire una sorta di ponte tra queste tre opere: il tema del bullismo, affrontato e descritto in modi differenti, le lega e completa un quadro che possiamo osservare da tre diverse prospettive.
The Glory: le cicatrici serbano rancore e cercano vendetta
Partiamo proprio da The Glory, fenomeno del momento che ha conquistato anche chi a sentire la parola “k-drama” si immaginava cliché degni dei migliori romanzi rosa e fiorellini in CGI. Alcuni l’hanno addirittura definito il nuovo Squid Game, non tanto per la somiglianza di trama o argomenti trattati, quanto più per il tentativo riuscito di scardinare un certo pregiudizio verso i k-drama. Per chi ancora non fosse a conoscenza di questa serie, lasciamo una breve sinossi (senza spoiler) per incuriosirvi e prima di addentrarci nel cuore dell’opera.
La protagonista di questa storia è Moon Dong-eun, liceale di cui non sappiamo molto, se non che è stata scelta come vittima di abusi e violenze da parte di cinque compagni di classe. Il motivo? La noia di ragazzi benestanti che hanno deciso di riempire il vuoto delle loro vite – solo materialmente ricche – con abiti firmati e atti di violenza, quasi a voler sfogare una frustrazione che non hanno il coraggio, o la capacità, di esprimere a parole. La serie inizia con una Dong-eun adulta, intenta a fissare un muro tappezzato di foto rappresentanti diverse persone. Al seguito, un tuffo all’interno dei pensieri della donna da cui comprendiamo immediatamente il suo obiettivo: uccidere quelle persone e vendicarsi. L’episodio ci riporta poi al passato, in un susseguirsi di scene in cui vengono mostrate, senza filtri, le innumerevoli violenze a cui Dong-eun è stata costretta a sottostare.
Se dal secondo episodio iniziamo ad entrare nel vivo della vendetta, il primo ci mette alla prova e vuole colpirci, farci riflettere e mettere in discussione. In un susseguirsi di atrocità presentate con tale violenza che sembra quasi di sentirle sulla pelle, le ustioni di Dong-eun, non sembra esserci speranza, ma solo un’escalation di dolore e abbandono. Ci viene mostrato il marcio del mondo e delle persone, la totale mancanza di empatia e di senso di colpa, gli inganni messi in atto da chi avrebbe il compito di proteggere. Non sono solo i cinque ragazzi, infatti, a distruggere la vita di Dong-Eun. Verrà sminuita da chi avrebbe il potere di cambiare le cose, ingannata e venduta per denaro dalla sua stessa madre, ignorata per paura da chi aveva subito le sue stesse atrocità, sino a trasformarsi gradualmente in un essere apatico che non si fida più di niente e di nessuno. E decine di cicatrici a ricordarle il suo unico scopo, la vendetta.
Il passaggio da vittima a carnefice non è improvviso e nemmeno un semplice pretesto per creare una serie che tenga incollati allo schermo. Per quanto possiamo condannare la violenza ed essere contrari alla vendetta, ci troviamo inevitabilmente a fare il tifo per Dong-Eun e a empatizzare con lei. Comprendiamo il suo odio e ci chiediamo se forse non faremmo lo stesso, nella sua situazione. Nonostante un’ottima caratterizzazione di tutti i personaggi, infatti – che non rende gli antagonisti dei semplici “villain macchietta”, ma al contrario ne mostra anche debolezze, sensibilità e a volte pentimenti – non arriveremo mai a perdonarli e tantomeno a comprenderli.
Questo perché la serie riesce benissimo nell’intento – volutamente nascosto sullo sfondo da una narrazione che cattura e sembra voler puntare più all’intrattenimento che a qualche tipo di insegnamento – di mettere in luce fino a dove può spingersi la crudeltà umana, condannando un problema sociale che è presente in tutto il mondo, Corea del Sud per prima.
Heaven: ugualmente vittime, diversamente umani
Ugualmente violento e meschino è il bullismo di cui sono vittima il protagonista senza nome di Heaven e la sua compagna Kojima. Ma in questo caso, non ci sono nessuna trama complessa, nessun elemento d’azione e nessuna vendetta. Heaven è una storia di bullismo e amicizia che sì, come The Glory contiene scene estremamente e dettagliatamente violente che non si dimenticano facilmente, ma sceglie di prendere una strada diversa.
Il protagonista di questo romanzo non ha un nome. Potrebbe essere chiunque, potremmo averlo conosciuto o potremmo addirittura essere (stati) noi. Viene soprannominato “Occhi Storti”, a causa dello strabismo di cui soffre fin dalla nascita e che l’ha portato ad essere preso di mira dai compagni di scuola.
Non è il solo a soffrire violenze e ingiustizie: nella sua stessa classe c’è una ragazza, Kojima, che proviene da una famiglia povera. A causa di questo, e della sua scarsa igiene personale – una scelta volontaria e motivata, come scopriremo poi – diventa vittima di violenza, soprattutto psicologica, da parte delle ragazze della classe.
Il rapporto tra due vittime è sempre una questione complicata. In The Glory, Dong-Eun non era la sola a subire atti di bullismo, ma la ragazza venuta “dopo di lei” ha scelto diversamente: si è arresa, forse si sentiva addirittura colpevole in qualche modo, e non ha mai voluto avere a che fare con Dong-eun, né tantomeno vendicarsi dei suoi carnefici. È qualcosa che accade spesso, la vittima che si assume la colpa e sente di essere sbagliata, così accetta la sua “punizione” e non capisce perché altre persone come lei tentino di reagire e andare contro a quello che è palesemente il loro destino.
Kojima e il nostro protagonista, inizialmente, non si parlano. Fingono che l’altro non esista e continuano a subire senza parlare. Fin quando un giorno iniziano a scambiarsi delle lettere di nascosto, per poi finalmente decidere di incontrarsi.
Un giorno, verso la fine di aprile, trovai un bigliettino nel portapenne. Era infilato tra due matite, dritto come se fosse in piedi.
Heaven, incipit: l’inizio di un legame unico.
Lo aprii e lo lessi.
C’era scritto: “Io e te siamo uguali”. Nient’altro.
Nasce da qui una grande amicizia, ma al contrario di ciò che si potrebbe pensare, inizialmente non è legata dall’essere entrambi vittime. I due ragazzi non parlano mai di quello che succede a scuola, diventano amici proprio come due persone “normali” che imparano a conoscersi un po’ alla volta. Solo più tardi, dopo aver costruito un solido e forte legame, inizieranno a interrogarsi sui motivi che li hanno portati a vivere questa condizione. Ed è qui che impareremo a conoscere meglio i due ragazzi, e a vedere due diversi modi di affrontare la stessa situazione. Il protagonista è convinto che le cose possano cambiare. Nonostante la tentazione di vendicarsi sia forte, non è il sentimento che prevale: il ragazzo è convinto che in fondo a ogni essere umano sia presente un po’ di umanità, e cercherà così di far ragionare i suoi aguzzini, seppur inutilmente. Kojima invece sembra aver scelto la resa, subisce gli abusi con passività e non sembra interessata a cambiare le cose. Una posizione che il suo amico proprio non riesce a comprendere.
Solo quando verremo a conoscenza del “segreto di Kojima” (che non vogliamo rivelarvi, credendo sia uno degli elementi che rendono questo libro così potente e speciale) riusciremo finalmente a capire il suo punto di vista, trovandoci ancora più sconfortati dall’ingiustizia che regna nella nostra società.
Heaven – il cui titolo deriva dal nome di un quadro probabilmente immaginario, che per Kojima è l’unico “posto felice” e di cui parlerà solo al suo nuovo amico – parte dallo stesso presupposto di The Glory per poi prendere strade diverse. Possiede sicuramente un insegnamento morale più esplicito, ma non è il classico “libro contro il bullismo”.
L’autrice lascia volutamente molti punti in sospeso su cui riflettere, con un finale aperto che si insinua nella mente dopo la lettura e vi resta per giorni. Heaven è caratterizzato da uno stile onirico e una scrittura delicata, inframezzata da scene talmente violente che viene da chiedersi se stiamo leggendo lo stesso libro che abbiamo iniziato. Approfondisce la psicologia e l’anima umane arrivando persino a farci empatizzare con un bullo e il suo discorso sul libero arbitrio, per poi renderci conto della sottigliezza della linea che divide giusto e sbagliato, bene e male. È un libro di bullismo e amicizia, che forse tutti dovremmo leggere.
Tu sei il più bel colore del mondo: lo sfondo violento di una storia di crescita
Arriviamo infine al fumetto di Golo Zhao (autore di Reverie e Soul Guide): Tu sei il più bel colore del mondo. In queste quasi 600 pagine acquerellate, incontriamo una storia di formazione e primi amori, che vede come protagonisti dei ragazzi delle medie alle prese con gli esami finali e la scelta della scuola superiore in una città cinese degli anni ‘90.
Il bullismo non è il tema centrale di quest’opera, che a dispetto delle precedenti non lascia sensazioni negative durante la lettura, quanto più sentimenti di speranza e tenerezza. È però presente sullo sfondo, come condizione quasi normale, o quantomeno comune, della società attuale.
La storia segue la vita e il punto di vista di Zhou Rucheng, un adolescente sensibile e appassionato di arte e disegno, che scopre però di non riuscire a vedere i colori. Insieme a Zhou conosciamo Nana Xuè, compagna di classe bellissima e cotta di tutti gli studenti maschi, Liu Yun, che diventerà il primo amore del protagonista, due amici fidati soprannominati Sanguedalnaso e Palladilardo, e il gruppo di bulli che da anni li tormenta.
Qiye è il classico bullo: ripetente delle superiori, alto, dallo sguardo torvo e l’aria ribelle, accompagnato da fedeli seguaci che diventano la sua ombra, sporcandosi le mani ogni volta che “il capo” lo ordina. Il gruppo di bulli è conosciuto e temuto in città per tormentare i ragazzi più piccoli, rubando i loro soldi senza farsi mancare qualche insulto tra un pugno e l’altro. L’unico “fortunato” a non subire questa sorte è proprio Zhou, che Qiye risparmia in cambio dei suoi disegni, a cui sembra particolarmente interessato.
A Qiye e alle sue prepotenze vengono dedicate solo alcune pagine. Il giusto per farci arrabbiare, e magari dedicarci a qualche momento di riflessione. Ma non è il tema principale di questa storia: come tanti altri aspetti, viene raccontato come una parte della quotidianità di Zhou. La vita usuale di un ragazzo adolescente che inizia a dover fare i conti con la vita, tra i suoi aspetti più piacevoli (le amicizie, i primi amori, i tramonti – è un fumetto pieno di bellissimi tramonti) e le prime difficoltà (le decisioni sul futuro, i rifiuti, le ingiustizie e le persone scorrette, e quindi anche il bullismo).
Tu sei il più bel colore del mondo è una vera e propria opera d’arte, che emoziona con i suoi colori suggestivi, e con una storia di crescita in cui ogni lettore può rivedere un po’ del sé stesso adolescente. È una storia di quotidianità di cui, ci ricorda Golo Zhao, anche l’ingiustizia fa parte.
Sì, l’Asia ha un problema col bullismo
Questa recente necessità di trattare un tema da sempre presente e discusso in tutto il mondo – e di cui non si smette mai di parlare scrivendo opere, producendo film, organizzando incontri – sembra trovare giustificazione nel fatto che Giappone, Cina e Corea non stiano facendo grandi passi avanti per quanto riguarda il fenomeno del bullismo. In Giappone, il trend degli atti di bullismo continua a salire ogni anno che passa, con un aumento vertiginoso soprattutto tra i bambini delle elementari. Anche in Corea del Sud si registra un aumento simile, e in entrambi i paesi si ha prova di un tasso di suicidi tra i giovani che non lascia certo indifferenti. Sulla Cina abbiamo meno informazioni specifiche sulla violenza scolastica, molte più su una generale violazione dei diritti umani.
Non sappiamo se l’arte – nella sua più grande accezione – sarà in grado di cambiare le cose. Noi siamo ottimisti, certi che per lo meno sia sempre in grado di smuovere le coscienze, di far riflettere e perché no, a volte di farci diventare più umani. E magari a questo scopo contribuiranno The Glory, Heaven e Golo Zhao.
LDC