Si scrive Final Fantasy XVI, si legge L’Attacco dei Giganti
[DISCLAIMER: L’ARTICOLO CONTIENE POSSIBILI SPOILER SU L’ATTACCO DEI GIGANTI, FINAL FANTASY VII REMAKE E SPECULAZIONI TEORICHE SUL PROSSIMO FINAL FANTASY XVI]
C’era un tempo in cui la favola era il mezzo ben accetto per raccontare la mitologia del buono, del bello e del giusto, oltre che lo hiatus perfetto per gettare uno sguardo nell’abisso del mondo invisibile. Quello dell’invisibile doveva essere, dopotutto, lo specchio riflesso del mondo reale: un racconto costruito per adattarsi perfettamente alla fantasia e allo spirito del tempo. Quel tempo è certamente finito, o forse, è rimasto relegato esclusivamente ad un pubblico giovanissimo. Il resto, infatti, è ormai completamente disilluso e non ha bisogno di ipocrisia cantata per consumare il proprio tempo libero.
Come dargli torto?
Se il mondo va male, diamogli la finzione. Ma non basta la storia in tre atti, il lieto fine e la morale scolastica. Vogliamo l’escatologia. Vogliamo il destino funesto dell’umanità in dodici episodi di quarantacinque minuti. Serve a scongiurare, tamponare, diluire, digerire gli eventi reali. Come tutta l’arte in generale, del resto.
Naoki Yoshida, produttore di Final Fantasy XVI, ci ricorda, facendo uso di grande delicatezza, che nonostante tutto nel mondo reale è anche possibile accontentarsi di fare quello in cui si è bravi – nel suo caso specifico creare videogiochi, bei videogiochi – anche solo per portare un poco di felicità in tempi turbolenti. Citando, forse inconsciamente, Blaise Pascal, per il quale il divertissement ricopre il ruolo di consolatore dell’essere umano che fatica a convivere con se stesso, oppure semplicemente perché messo di fronte alle contingenze dell’esistenza in quanto tale.
Appena qualche istante dopo invece, il nuovo trailer Dominance – presentato all’ultimo State of Play di PlayStation – sottolinea nell’incipit il suo essere lo strumento, lo specchio riflesso di cui scrivevamo poco sopra. Ci ricorda, per prima cosa, di essere nient’altro che la favola, attraverso la narrazione del dovere dell’eroe, quello di salvare il mondo, di fungere da archetipo e dunque essere di esempio.
Final Fantasy XVI dunque si mostra, riflette, si giudica, si mette spontaneamente al suo giusto posto da solo. In un mondo che sta per essere ucciso dal metaverso, può essere importante fare ancora questo tipo di discrimine.
[…] À la fin tu es las de ce monde ancien. Tu en as assez de vivre dans l’antiquité grecque et romaine
Zone – Alcools, 1913. Guillaume Apollinaire
La nuova ma vecchissima Favola dei Cristalli
La Fabula Nova Crystallis è per la serie Final Fantasy quello che è la mitologia greca per noi.
Scritta come un vero e proprio mito fondatore da Kazushige Nojima intorno al 2003, funge da collante per tutti i videogiochi della serie Final Fantasy che ne prendono il racconto come fondamenta per costruirne il mondo in oggetto: Final Fantasy XIII (2009 – PS3, Xbox 360), Final Fantasy XIII-2 (2011 – PS3, Xbox 360), Lightning Returns: Final Fantasy XIII (2013 – PS3, Xbox 360), Final Fantasy Type-0 (2011 – ex FF Agito XIII) (PSP, PS4, XBO), Final Fantasy Agito (2014 – iOS, Android, PSVITA).
Bhunivelze era un dio con parecchi problemi. Nelle sue mani il mondo, senza alcun dubbio, era destinato a morire.
Fabula Nova Crystallis, Kazushige Nojima
Come ogni buon mito fondatore, probabilmente serve solo a preparare il terreno per la fine di ogni cosa esistente. Il pensiero fatalista non è certo nuovo, anzi: è intrinseco in ogni tempo ed è appartenuto ad ogni umanità. Certo è però, che nella nostra dolce post-modernità, è diventato quasi un obbligo. Tutta la produzione culturale ne è ormai ossessionata.
Per quanto ci riguarda, la Fabula Nova Crystallis potrebbe davvero essere stata scritta su una stele di settemila anni fa. Incisa, parola per parola, nella diorite. Potrebbe confondersi senz’altro con uno qualsiasi dei racconti delle origini. Il punto però è un altro: e cioè che oggi ci ritroviamo in un momento storico quantomeno allergico al mito, che rinnega qualsiasi tipo di racconto ancestrale, qualsiasi frammento di ricetta morale, qualsiasi genesi dell’umanità, perché la nostra attenzione è completamente assorbita piuttosto dalla sua fine. Fatalismo per l’appunto, senso di impotenza e rassegnazione.
E insomma, qualcuno a Square Enix, ad un certo momento, ha dovuto ammettere che il mito fondatore della Fabula Nova Crystallis era diventato quasi scomodo. Un retaggio obsoleto e difficile da gestire. Ha capito che era arrivato il momento adatto per far pressione sul punto di rottura, evidentemente aiutato anche dalla giusta analisi del disastro che risponde al titolo di Final Fantasy XV (ex Final Fantasy Versus XIII, ma che in fin dei conti, nonostante abbia di certo a che fare con Cristalli, luce e ombra e retaggi vari, non fa più canonicamente parte della Fabula Nova Crystallis).
Non è più sufficiente crogiolarsi nell’attesa della fine, ma bisogna accelerare la deriva del mondo e creare un ordine nuovo per cambiare lo stato delle cose. Questa consapevolezza, che riguarda morti e rinascite continue, è la stessa della storia commerciale di Square Enix degli ultimi quindici anni e, in scala più grande, delle società che abitiamo. Lo stesso sentimento pervade ormai ogni aspetto del mondo che conosciamo, grazie alle diverse catastrofi che ne hanno accelerato il decorso. Final Fantasy XVI promette quindi di essere un capitolo senz’altro diverso della saga.
La serie forse non avrà mai più la spensieratezza del nono capitolo o l’involontaria stupidità di certi momenti dell’ottavo, perché quei tempi sono revoluti. È molto più probabile intravedere qualcosa di molto più vicino all’intreccio politico, sanguinolento e militarista di Final Fantasy Type-0 spostato di peso nella serie regolare; e di questo non possiamo che esserne molto contenti.
In Final Fantasy XVI infatti, ci aspetta probabilmente una guerra mondiale degli Eikon; le classiche evocazioni semi-divine della serie, saranno l’arma di deterrenza delle varie nazioni in lotta tra di loro. E dunque, riportato l’orologio del tempo a zero, grazie ad un distruttivo conflitto, si inizierà un nuovo corso, forse addirittura al di fuori del retaggio dei Cristalli. Per questo e mille altri motivi, il prossimo capitolo segnerà o la rinascita della serie o la sua definitiva, soporifera, morte. Non è un caso infatti, che a svolgere il difficile compito, sia stato chiamato il salvatore dell’unico Final Fantasy online, nonché in verità dell’intera Square Enix, Naoki Yoshida.
L’isola Paradiso e Valisthea come la Prussia di Otto von Bismarck
Il discorso portato avanti da Hajime Isayama nel suo L’attacco dei Giganti è un intelligente frullato di elementi che riciclano il militarismo degli imperi del secolo breve, l’importanza della memoria storica per una comunità e infine l’intuizione di un possibile predatore naturale dell’uomo. E questa è, in tutta sincerità, la cosa più vicina assieme a Final Fantasy Type-0 che si possa pensare, speculando sul nuovo capitolo di Final Fantasy in uscita nell’estate 2023.
Difatti, invertendo la comune visione antropocentrica – che ci descrive pedissequamente una posizione di naturale dominio nel nostro rapporto con la natura – Isayama immagina un bestiario tutt’altro che particolare, nient’altro che lo stesso uomo reso gigante e cannibale che funge da mostro e predatore. La situazione è esattamente la stessa in Final Fantasy XVI, dove degli Eikon con lo stesso potere distruttivo dei Giganti di Isayama, fungono da ago della bilancia di tutta la storia, se non da vera e propria arma finale, relegando a rango di secondo piano la componente umana.
L’Attacco dei Giganti rifiuta anch’esso il mito fondatore, ma lo riusa all’interno della narrazione; ci racconta in fondo di come la storia di due fratelli possa scatenare un racconto utile a popoli interi. I fratelli Jager sono, infatti, sia strumento del destino che il mezzo per l’emancipazione da quest’ultimo delle rispettive nazioni. È così, del resto, anche nel nuovo finale di Final Fantasy VII Remake, dove tre incarnazioni del destino – Numen Rubrum, Numen Viridium, Numen Flavum, tutti e tre agglomerati in Numan Praeco – si battono contro chi cerca di cambiarne il corso.
Anche in Final Fantasy XVI due dei protagonisti sono fratelli: è lecito dunque aspettarsi un risvolto quantomeno similare – almeno per quanto riguarda il rapporto tra le loro vicende personali e quello del destino della comunità a cui appartengono – a quello visto in L’Attacco dei Giganti del mangaka Isayama.
È interessante notare, a questo proposito, che La storia dei due fratelli è uno dei racconti più antichi che si conoscano, appartenente alla letteratura dell’antico Egitto. Si tratta di una vera e propria favola, che descrive l’ancestrale scontro tra due fratelli, attorniati da componenti magiche, nove divinità, sacrifici e tradimenti. Insomma, come a dire che anche togliendo dal tavolo il mito, l’archetipo rimane sempre.
Ma attenzione a non scambiare tanto la sola comparazione di Giganti e Evocazioni come mera similitudine per grandezze, e non come raffigurazione della consapevolezza insostenibile dell’inferiorità umana: la vera e propria atmosfera da trincea, la sensazione permanente d’impotenza, l’inevitabilità degli eventi.
Entrambi gli autori, in questo caso, descrivono un’umanità diventata profondamente fatalista, almeno quanto lo siamo noi oggi. Così come non a caso descrivono mondi che basano la propria forza sulla sola potenza militare. È difatti questo stesso militarismo, forse leggermente esasperato perché ricorda da vicino gli imperi del secolo scorso e di ancor prima, a costituire il fil rouge che unisce L’Attacco dei Giganti, Final Fantasy Type-0 e il prossimo Final Fantasy XVI.
Quindi come L’Attacco dei Giganti ha voluto rompere con il passato, aprendo strade nuove ai classici archetipi di eroe e anti-eroe, così Final Fantasy XVI mozzerà la testa dei suoi predecessori per creare l’ordine nuovo necessario alla sopravvivenza della saga. Il prossimo capitolo della serie sarà il punto di rottura.
[…] l’automne l’automne a fait mourir l’été
Dans le brouillard s’en vont deux silhouettes grises
Automne – Alcools, 1913. Guillaume Apollinaire
Come ci spiega Guillame Apollinaire, poeta forgiato dal primo conflitto mondiale (una delle tante fini del mondo): “tu en as assez de vivre dans l’antiquité grecque et romaine“. Oggi potremmo forse dire “siamo stanchi di vivere nella post-modernità”; ci interessa molto di più guardare attraverso uno squarcio – aperto dal medium – nell’abisso. Forse perché in definitiva passare attraverso la fine dei tempi ci rende migliori, anche se lo si fa solo attraverso un videogioco.
È lo stesso principio antropico che, in quanto assidui osservatori delle fine del mondo, ci mette quasi in posizione immaginativa. E più si immagina, più si elabora il lutto.
Preparatevi dunque alla morte di Final Fantasy e alla sua rinascita, perché se Square Enix dovesse riuscire in questa operazione, sarà certamente sacrificandone il passato. Final Fantasy XVI ucciderà il mito fondatore della Fabula Nova Crystallis per permettere a Square Enix di uccidere a sua volta la propria creatura: l’unico modo ormai di rinnovarne il racconto.
VV