Sea of Thieves, Game as a Service rivoluzionario e immortale
Motivare il perché Sea of Thieves sia considerabile un Game as a Service “particolare” , richiede di mettere radici in un discorso lontano.
The Division, Destiny, Outriders, Anthem e chissà quanti altri titoli sono definiti GaaS (Game As A Service). Questa tipologia di giochi, e in particolare quelli citati poco sopra, mettono a disposizione dei videogiocatori un sistema co-op pve (people versus environment) e spesso presentano anche sezioni in pvp (people versus people). In generale forniscono, in maniera continuativa e periodica, una grossa mole di contenuti aggiuntivi: nuove armi ed equipaggiamenti, nuove mappe, nuove skin eccetera.
Lo scopo dei GaaS è quello di offrire all’utente un gioco che lo affianchi per diversi mesi, se non anni. Per fare ciò si ricorre spesso alle medesime soluzioni: costruire un complesso sistema di progressione del personaggio, variegare e randomizzare il loot tra armi comuni, rare e leggendarie e in generale permettere al giocatore di percepire un effettivo avanzamento, un potenziamento tangibile del proprio avatar che, partito in mutande, si ritroverà corazzato e pesantemente armato.
Inoltre questa tipologia di giochi cerca di offrire anche grande varietà di meccaniche e situazioni: missioni di recupero, boss fight, raccolta, arene, sfide a tempo et similia.
Quantità, varietà e progressione sono i tre pilastri per un Game as a Service definibile tale.
Questa ruota mostra il processo di creazione die GaaS: non è assolutamente limitato ai soli giochi multiplayer.
C’è però un gioco, un GaaS, che ha rigettato questa formula considerata ormai uno standard, ribaltando completamente il concetto di progressione, di quantità e di varietà dei contenuti. Spingendo il game design verso la sottrazione e verso il concetto di gameplay e narrativa emergente. Parliamo, ovviamente, di Sea of Thieves e di come potrebbe cambiare il modo di intendere i Game as a Service.
Prima di addentrarci nelle bellezze del sistema messo in piedi da RARE è bene però definire un po’ le basi su cui si poggia.
Cos’è Il gameplay emergente?
Con “gameplay emergente” si riferisce a quelle situazioni complesse che emergono da interazioni relativamente semplici basati su sistemi che interagiscono tra loro, piuttosto che dalle più classiche meccaniche di gioco pre-confenzionate e scriptate.
Due dei pilastri di questo approccio al videogioco possiamo riconoscerli in Deus Ex e System Shock. In entrambi i giochi infatti, gli sviluppatori hanno deciso di fornire al giocatore un certo numero di strumenti e abilità che possono essere utilizzati in maniera del tutto creativa in un determinato sistema di regole. Nessuno script, solo regole e strumenti.
Per fare un esempio pratico prendiamo in esame Dishonored, considerato da Warren Spector un ottimo discendente della sua filosofia. L’immersive sim di Arkane non fa altro che dare al giocatore obiettivi molto semplici come raggiungere un luogo o eliminare un bersaglio; poi fornisce al giocatore strumenti, abilità e set di regole che interagiscono tra loro e lascia al giocatore completa scelta su come procedere.
Ad esempio è possibile raccogliere una bottiglia e lanciarla per distrarre una guardia. Una meccanica molto semplice, come “prendere oggetti e lanciarli”, collabora con l’IA dei nemici che sente il rumore e si muove in quella direzione per investigare. Da lì, noi potremo decidere se oltrepassarla o prenderla alle spalle. Ecco il gameplay emergente: da una semplice meccanica è scaturita una situazione complessa attraverso la comunicazione di diversi sistemi.
Colpire un nido d’api in Zelda Breath Of The Wilds genera conseguenze emergenti.
Il gameplay emergente è una diretta conseguenza dei giochi definiti “sistemici”, un esempio recente è Zelda Breath Of The Wild. Un gioco in cui le reazioni fisiche e chimiche interagiscono tra di loro, con il giocatore e con i mob creando possibili scenari unici. Basti pensare all’arrivo della pioggia e tutte le conseguenze che comporta: Link produce meno rumore ed è più facile agire in stealth, le rocce sono scivolose ed impossibile da scalare, i danni elettrici diventano molto più potenti mentre il fuoco e gli esplosivi diventano inutili. Queste reazioni sistemiche cambiano il nostro modo di giocare e ci aprono delle possibilità nuove: insomma, emerge del gameplay dalla reazione dei sistemi.
Ovviamente questi sono esempi basilari, ma se volete dare un’occhiata quante reazioni emergenti possono scaturire da tutti i sistemi presenti in Dishonored date un’occhiata a questo video.
Spiegato il concetto di gameplay emergente è arrivato il momento di analizzare il modo in cui viene applicato in Sea of Thieves e come, in maniera davvero unica, riesca a generare anche narrativa emergente.
Questo è un titolo che, a differenza di quelli sopracitati, non presenta una campagna singolo giocatore con trama, ma solo partite senza fine, always online. Eppure siamo sicuri che chiunque l’abbia provato per qualche ora saprà raccontarvi una storia vissuta. Partiamo dagli strumenti e poi vedremo come essi siano in grado di sviluppare situazioni complesse.
La varietà nel poco
La spada, la pistola, la bussola, la lanterna, la vanga, la bussola, il secchiello, il bicchiere, gli strumenti musicali e il binocolo. Questi sono gli oggetti che riceveremo appena avviato il gioco e questi sono gli oggetti che avremo per sempre, anche dopo 1500 ore. Non c’è progressione materiale in Sea of Thieves, non c’è accumulo di punti abilità, di perk o armi. Tutto il game design si basa su pochi strumenti che interagiscono con le poche regole di gioco e queste interazioni, come abbiamo detto, creano gameplay emergente.
In tal senso, le quest che il gioco presenta sono semplici e assolutamente funzionali al concept di gioco: prendere delle casse e trasportarle in un altro avamposto, leggere e interpretare una mappa per trovare un tesoro o dare la caccia a scheletri redivivi. Questi semplici obiettivi hanno l’unico scopo di far muovere la ciurma di isola in isola così da generare interazioni con gli altri giocatori (anche essi intenti a svolgere uno di questi compiti).
In qualsiasi momento è possibile visualizzare la mappa del tesoro, sempre avida di informazioni, Bisognerà ragionare e collaborare con i compagni per capire dove scavare, non ci solo way point a schermo.
Ogni interazione con una ciurma è una potenziale storia, una potenziale avventura da cui potrebbe venire fuori una memorabile sezione di gameplay e narrativa emergente. Si potrebbe decidere di collaborare nella ricerca di un tesoro, si potrebbe entrare in conflitto per cercare di rubare le merci o magari potrebbe tutto svanire in uno scambio di parole ed un veloce saluto. Il limite alle possibilità è dettato solo dalla nostre intenzioni che si dovranno per forza di cose scontrare con le intenzioni degli altri giocatori.
In questo frangente le semplici meccaniche di Sea of Thieves assumono un valore più complesso: poter suonare uno strumento ci permette di festeggiare con altri giocatori, si può bere grog e ubriacarsi o magari insultare una ciurma avversaria utilizzando il megafono. Ogni strumento è pensato per utilizzi multipli che verranno dettati dalla situazione emergente che si è creata, sia con gli altri giocatori che con i contenuti sistemici del gioco, Infatti è possibile subire attacchi da parte da un kraken gigante o venire ingaggiati da una nave fantasma pilotata dall’IA.
Questi piccoli schemi da immersive sim non fanno altro che fornire degli strumenti ai videogiocatori che poi potranno essere utilizzati in maniera del tutto creativa. In giro per la rete gli esempi si sprecano, e ormai è facile considerare Sea of Thieves un semplice mezzo grazie al quale molte persone hanno vissuto delle storie.
La progressione senza accumulo
Come detto poco sopra, in Sea of Thieves non esiste un rafforzamento del proprio avatar, non ci sono statistiche che crescono e danni critici, ma la progressione avviene attraverso un processo di metagioco, dissimilmente da altri Game as a Service. Ovvero attraverso la trasposizione del proprio sapere, della propria esperienza e della proprio abilità nell’avatar, un po’ come abbiamo cercato di spiegare descrivendo la progressione in Outer Wilds.
In giochi come The Division o Destiny la progressione del nostro avatar è tangibile e direttamente proporzionata alle ore investite nelle missioni. Un giocatore con alle spalle 120 ore sarà molto più forte di un novizio, tanto che per i nuovi arrivati è letteralmente impossibile competere con un veterano. Il livello del personaggio diventa una barriera per le interazioni e aggiunge anche una certa necessità di giocare, farmare, accumulare equip e potenziare le statistiche per stare al passo degli amici o per avere accesso a sezioni più difficili.
Generalmente nei Game as a Service presentano build complesse che richiedono diverse ore e una buona dose di fortuna per essere ottimizzate.
Giocando a Sea of Thieves invece, pur essendo un Game as a Service, questo processo non esiste. Tutto è basato sulla capacità di apprendere, sui consigli degli altri giocatori e sulla propria esperienza.
Solcando i mari per diverse ore, per forza di cose, il videogiocatore può affinare le sue conoscenze del mondo e delle regole che lo governano: proprio queste conoscenze diventano il vero sistema di progressione del gioco.
Se un novizio farà molta fatica a riconoscere e trovare un’isola leggendo una mappa, il giocatore veterano potrebbe riconoscerla alla prima occhiata proprio perché ci era già stato in un’altra occasione; e così vale per tutte le meccaniche relative alla manovrabilità della nave. Il novizio farà certamente fatica a gestire il vento, le vele, l’ancora, i cannoni e gli arpioni mentre il giocatore veterano sarà in grado di compiere manovre complesse e soprattutto di coordinare la propria ciurma (altro elemento fondamentale di questo splendido game design).
Insomma, la nostra diretta esperienza con il gioco ci può fornire dei vantaggi verso gli altri giocatori, ma ciò non toglie che un giocatore appena arrivato non possa apprendere in un ora quello che un altro ha appreso in dieci ore. Le meccaniche sono poche e facili da assimilare e una volta superate i primi momenti di spaesamento si potrà certamente giocare alla pari con qualsiasi altro utente. Non c’è nessuna fretta e necessità di consumare velocemente il prodotto per poter fronteggiare i più esperti, tutti abbiamo gli stessi strumenti e abilità, sempre.
I dobloni accumulati durante le nostre scorribande potranno essere spesi per comprare oggetti cosmetici come nuovi skin per armi e nave, ma questo non influisce sull’effettiva potenza o efficienza degli stessi.
La cooperazione come strumento narrativo
Nel calderone sistemico che è Sea of Thieves abbiamo messo dentro il concetto di design sottrattivo, gameplay emergente, interazioni con altri giocatori e progressione senza accumulo; manca però il collante, l’elemento che prende tutti gli ingredienti e li lega costruendo un piatto prelibatissimo: la cooperativa.
Ogni qual volta iniziata una nuova partita il gioco ci chiede con quale tipologia di nave vogliamo salpare: Sloop (fino a due persone), Brigantino (fino a tre persone) o Galeone (fino 4 persone).
La scelta della nave condiziona pesantemente la sessione e costringe ad entrare nei meccanismi di gameplay/narrativa emergente sin da subito, con i propri compagni. La gestione e la cura della nave è il primo vero banco di prova e tutorial che il gioco ci fornisce, ci insegna a predisporre la nostra mente nello stato giusto che ci accompagnerà in tutti gli altri elementi del gioco.
Levare l’ancora in gruppo velocizza di molto il processo e può fare la differenza tra la vita e la morte, cooperazione!
Prendiamo in esame il Galeone, la più grande nave disponibile: tre vele, otto cannoni, timone, ancora molto pesante, sottocoperta, stiva e cabina di comando. Gestire da solo una bestione simile è impossibile ed è proprio qui che diventa necessario cooperare: se un giocatore è al timone un altro dovrà occuparsi di gestire le vele, un altro ancora dovrà recarsi a prua per sincerarsi che la navigazione sia libera da scogli o impedimenti, mentre l’ultimo dovrà dare un occhiata alla mappa per assicurarsi che la rotta sia giusta.
Questa complessa gestione della nave deriva dai piccoli strumenti che i gioco ci fornisce ed è estremamente dinamica. Le posizioni ed i ruoli dei giocatori durante un combattimento dovranno variare repentinamente: chi carica i cannoni, chi spara, chi gestisce le vele, chi il timone eccetera.
Stessa cosa in caso in cui dovesse arrivare una tempesta, nel momento in cui le bussole impazziscono diventa fondamentale navigare a vista nel mentre si imbarca acqua e si cerca di svuotare la stiva con l’utilizzo del secchio. Ora, non staremo ad elencare ogni utilizzo che hanno gli strumenti e come questo utilizzo cambi in base alla situazione di gioco però crediamo sia abbastanza chiaro come i sistemi, comunicando con gli strumenti e passando dalla cooperazione tra i componenti della ciurma creino delle storie uniche.
Il Galeone è un bestione davvero difficile da manovrare, ci vuole tanta collaborazione ed esperienza per riuscire ad ottimizzare la navigazione.
Vi ricorderete certamente di quella volta che siete salpati pieni zeppi di merci da vendere ma una terribile tempesta ve le ha danneggiate; o di quella volta che avete collaborato con un’altra ciurma per distruggere una flotta di navi fantasma: in Sea of Thieves ogni viaggio è una potenziale avventura, resa possibile solo da un game design che rinnega gli script ma abbraccia i sistemi e il design sottrattivo.
Nessun gioco ci ha mai permesso di realizzare una così pura collaborazione con gli amici e nessun gioco è mai riuscito a farci vivere storie e situazioni tanto diverse tra loro. Uniche.
Anche dopo mesi e mesi di inattività potrebbe sempre tornarci la voglia di salpare, e il gioco sarà sempre lì ad attenderci senza chiederci di farmare per tornare al passo.
Sea of Thieves è un Game as a Service decisamente rivoluzionario,
VC